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John Paul McIntyre

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MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 12

Tu quoque, sicut tu, soror mea…

Questo passaggio è sottolineato dal regista sia attraverso l’uso della musica, sia attraverso un differente stile di ripresa in cui, da movimenti fluidi e circolari si passa ad un ralenty esasperato e nervoso. La messa in scena è ancora una volta quella del rituale: prima Thana viene portata di sopra da Albert che vuole possederla ma, una volta alzata la veste sacra – mentre una croce cade sul monte di venere – la donna impugna la pistola che tiene nel reggicalze e uccide l’incredulo padrone dell’atélier.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 11

The Funhouse e metamorfosi: carnevale, ultimo atto

Il primo segno di cambiamento è mostrato, fuggevolmente, attraverso l’inquadratura degli stivali ai piedi di Thana una volta uscita dall’ufficio di Albert; il primo omicidio “cercato” è quello del fotografo di moda, ripreso da Ferrara con una serie di stacchi velocissimi e brutali coincidenti con i colpi sparati dalla donna: pistola tesa davanti a lei, impugnata con due mani e sulla stessa direttrice della bocca, come a sancire la sovrapposizione tra proiettili e parole.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 10

La violenza e il sacro: l’iniziazione

La violenza e l’omicidio sono esperienze sconvolgenti, al punto che in Thana si genera una reazione biunivoca: da un lato, facendo a pezzi il cadavere e sparpagliandolo per la città vuole coinvolgere e contagiare gli altri al suo disegno di morte, dall’altro assume su di sé l’orrore generato, e subisce una mutazione che la porterà inevitabilmente verso un destino segnato.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 8

Repulsion vs Ms.45: gli interstizi del Male

In Repulsion (id., 1965) di Roman Polanski il percorso di Carol Ledoux (Catherine Deneuve) non è dissimile da quello di Thana: anche Carol è straniera (proviene dal Belgio), così come alcune scene e molti elementi filmici rimandano direttamente al film di Ferrara, anche la psicologia (e la patologia) della donna richiamano l’instabilità psicologico-emotiva di Thana. In entrambe i casi c’è un trauma d’origine – la famiglia con i suoi presunti “orrori” – gioca un ruolo rilevante; l’ambiente e lo spazio condiviso dalle due donne è soffocante, persuasivo e opprimente.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 7

New York. Ultima fermata: II° Cerchio infernale

Ms 45 è un film senza amore. Un film dove i personaggi vivono esistenze squallide; dove il sesso – più parlato che praticato – è espresso solo come pettegolezzo o attraverso l’uso della violenza. La città, New York, è un bolgia infernale dove le persone o vanno di fretta o sono tagliate fuori. Le strade sono costellate di energumeni di tutte le razze, fannulloni senza né arte né parte pronti solo a fare apprezzamenti volgari per abbordare le donne (adeguatamente mostrati attraverso la soggettiva di Thana).

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 6

Giustizieri, taxisti e desiderio di morte: il contagio del Male.

Scene che anticipano in maniera spuria e superficiale la radicalità di Ferrara quando fa vestire Thana da suora prima di farle compiere la strage finale. Ms. 45, infine, non è esente dall’influenza esercitata anche dal più famoso rape and revenge movie, quel Death Wish (Il Giustiziere della notte, 1974) di Michael Winner, prodotto da Dino De Laurentiis, grande successo commerciale, e in cui Paul Kersey (Charles Bronson) da placido, pacato e progressista architetto si trasforma in violento e fascista giustiziere dei crimini cittadini, “rinverdendo” i fasti del selvaggio west, visitato precedentemente durante il suo soggiorno a Tucson in Arizona.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 5

Peccati inconfessabili: La vendetta è il mio perdono

 In Exposè, la donna ne esce sconfitta e – nell’assolato finale – viene uccisa da un uomo mentre lei sta per portare a termine la sua vendetta (in Ms.45 sarà una donna a fermare Thana); curiosamente – nel finale de La settima donna – troviamo una suora che si vendica a colpi di pistola dei tre malviventi che hanno seviziato e tenuto sotto assedio per giorni lei e un gruppo di studentesse. In mezzo a tanti titoli, ce ne sono un paio che Ferrara – grande frequentatore onnivoro dei double-bill della 42a Strada – sembra avere visto e interiorizzato visto che, alcuni elementi di Ms. 45 rimandano a loro. Thriller-en grym film (id., 1973) di Bo Arne Vibenius e I spit on your grave (Non violentate Jennifer, 1978) di Meir Zarchi, rispetto al film di Ferrara sono opere sexploitation che bruciano le buone intenzioni di fondo con una messa in scena troppo grezza ed effettistica. Thriller-en grym film di Bo Arne Vibenius (ma il film è firmato con lo pseudonimo di Alex Fridolinski) ha una storia alquanto bizzarra, tanto quanto quella del suo autore.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 4

Il giorno del sangue: riflessi di guerra in uno specchio scuro

Ms. 45, apparentemente, si inserisce nel filone dei rape and revenge movie. Il film – come sempre nelle scelte del regista newyorkese – si nutre tanto di cinema “alto” (Buñuel, ma anche Polanski e Scorsese), quanto di sconosciuti e dispersi B-movie. Difatti, Ms. 45, oltre ad essere la potenziale summa teorica di tutto il genere rape and revenge, ne è in qualche modo anche il terminale: porta a termine tutti i discorsi lasciati in sospeso da chi prima di lui ha affrontato i temi dello stupro e della vendetta, come confermano le parole dello stesso Ferrara.

MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 3

Zoë Tamerlis Lund: biografia metacinematografica

Ferrara, non si limita solo a rivisitare Buñuel, uno dei suoi autori preferiti, ma – oltre a chiudere il film con un animale simbolico (il cagnolino Philly che ritorna (in Ms.45) e la cavalla Lozana che si rialza (in Susana)) per evidenziare la non completa malvagità delle protagoniste – ricalca l’espediente linguistico del maestro spagnolo, in cui Susana vuol dire “castità”, mentre Thana rimanda a “Thanatos” (con l’aggiunta qui che l’attrice si chiama Zoë cioè vita). Luis Buñuel, mette in bocca a Feliza la frase che al meglio descrive Susana (e per rimando anche Thana): “Quella non è decente neppure con indosso una veste da suora”.