New York. Ultima fermata: II° Cerchio infernale

Ms 45 è un film senza amore. Un film dove i personaggi vivono esistenze squallide; dove il sesso – più parlato che praticato – è espresso solo come pettegolezzo o attraverso l’uso della violenza. La città, New York, è un bolgia infernale dove le persone o vanno di fretta o sono tagliate fuori. Le strade sono costellate di energumeni di tutte le razze, fannulloni senza né arte né parte pronti solo a fare apprezzamenti volgari per abbordare le donne (adeguatamente mostrati attraverso la soggettiva di Thana).

Ferrara, per aumentare il tasso di vacuità ed effimero della società contemporanea, ambienta il film nel mondo della moda. Nell’atélier, Albert, è un uomo spocchioso e arrogante, interessato esclusivamente a fare buona figura con i clienti, e le sue “sartine” (così le chiama lui) sono donne superficiali e pettegole illuse di poter fare grandi conquiste: in realtà frustrate da un’esistenza senza gioia. In mezzo a questa realtà disgregata, Thana, è l’essere “puro” chiuso in un universo tutto personale, generato probabilmente o da un trauma infantile (come suggerisce uno strano flashback sonoro) o da un’educazione fortemente repressiva.

A questo proposito è lo stesso regista a non voler dare spiegazioni per poter mantenere un atteggiamento ambiguo e acritico nei confronti della sua protagonista. È interessante notare come Ferrara tenda a costruire attorno a Thana una pseudo-famiglia: dove la signora Nasoni ha la parte della madre e dove il secondo stupratore interpreta quella del padre. Con grande abilità il regista sintetizza questa situazione nelle tre inquadrature successive all’omicidio del ladro-violentatore: la signora Nasoni che cucina le uova, l’uomo sdraiato sul letto come se dormisse, e Thana rannicchiata in se stessa sul divano come una bambina che ha appena commesso una marachella. Dunque, è dalla famiglia che nascono la frustrazione e il malessere di Thana: e i due stupri nel giro di poco tempo diventano l’elemento scatenante delle tensioni represse.

Tensioni legate, oltre che all’educazione alla sua stessa femminilità. Come ci ricorda l’antropologo René Girard, infatti, i “mestrui vanno considerati nel quadro più generale dello spargimento di sangue”: La sua fluidità concretizza il carattere contagioso della violenza. La sua presenza denuncia l’uccisione e fa appello a nuovi drammi. Il sangue imbratta tutto quello che tocca dei colori della violenza e della morte. Ecco perché esso “grida vendetta.[1] Ruolo della famiglia e problematiche dell’universo intimo femminile, oltre ad una, imprevista, involuzione psicologica che rimandano all’altra fonte ispiratrice – quella più pregnante in Ms. 45Repulsion (id., 1965) di Roman Polanski.

di Fabrizio Fogliato ©

[1]    Renè Girard, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano, 2003, p.56

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