Repulsion vs Ms.45: gli interstizi del Male

In Repulsion (id., 1965) di Roman Polanski il percorso di Carol Ledoux (Catherine Deneuve) non è dissimile da quello di Thana: anche Carol è straniera (proviene dal Belgio), così come alcune scene e molti elementi filmici rimandano direttamente al film di Ferrara, anche la psicologia (e la patologia) della donna richiamano l’instabilità psicologico-emotiva di Thana. In entrambe i casi c’è un trauma d’origine – la famiglia con i suoi presunti “orrori” – gioca un ruolo rilevante; l’ambiente e lo spazio condiviso dalle due donne è soffocante, persuasivo e opprimente.

Polanski attua un processo involutivo e retroattivo su Carol, chiudendola nel suo appartamento (modificato visivamente dall’uso del grandangolo) facendolo diventare uno spazio asfittico (l’oscurità, il soffitto incombente) e un guscio di protezione dall’ esterno; Ferrara, fa, letteralmente, esplodere il dolore di Thana e la spinge sempre più fuori dal suo appartamento (deputato ad essere solo più il luogo in cui custodire e proteggere i propri peccati) per farla muovere in una notte impenetrabile, in cui la sua figura – “inesistente” agli occhi degli altri (perché muta e quindi diversa) – si trasforma in un fantasma vendicativo. Un angelo “perverso”, al contrario (per parafrasare il titolo internazionale del film) vestito di nero, sexy e seducente che agisce come una mantide religiosa e diffonde il Male al posto del Bene.

In Repulsion, la discesa di Carol verso la dissociazione psichica è scandita secondo le regole dell’ escatologia cristiana ed è orchestrata attraverso l’influenza – sempre più invasiva con il progredire del film – del microcosmo aggressivo in cui la donna è “obbligata” a vivere. Le crepe che si aprono nei muri della sua abitazione, non sono la visione della sua psicologia alterata, ma il simbolo del mondo in disgregazione che la contorna – e non sono dissimili dalle voragini delle strade londinesi nei cui cantieri operano uomini aggressivi e volgari che importunano Carol mentre cammina per la strada (allo stesso modo, e in soggettiva, come i vitelloni di Ms.45).

La famiglia in Repulsion non è un luogo sicuro, sia per la presenza indesiderata di Michael (l’amante della sorella verso cui Carol prova attrazione e repulsione), sia per oscuri e irrisolti complessi (che rimandano agli stessi del flashback di Ms. 45), sedimentati nel passato dell’infanzia – come si evince tanto dalle visioni della donna quanto dallo zoom finale sul dagherrotipo di famiglia. Il rifiuto del mondo – sia per Carol che per Thana – coincide con il rifiuto del sesso: esso proviene da traumi che al contempo esercitano sulla loro psiche orrore e attrazione. Il ragazzo invaghito di Carol e il padrone di casa penetrano nella sua casa (e quindi nella sua intimità) con la forza, sfondando la porta; con il loro gesto violento scatenano la schizofrenia di Carol che li “allontana” e si difende uccidendoli. (da notare che la donna usa il candelabro come Thana il ferro da stiro e che Polanski e Ferrara adottano la stessa inquadratura dal basso per mostrare il reiterarsi dell’azione omicida).

I due uomini di Repulsion collimano con i due di Ms. 45, tanto il primo stupratore che il ladro penetrano con la violenza l’intimità di Thana (non a caso la sequenza è costruita sul montaggio parallelo tra stupro e intrusione del ladro), ma qui è solo il secondo ad essere ucciso. E’ come se il primo stupro fosse frutto della fantasia e del desiderio della donna e non un atto reale – come dimostra la costruzione della scena, in cui il gesto, viene mostrato dopo che la donna, uscita dal supermercato (in cui ha comprato della carne), viene aggredita da un uomo il cui volto è deformato e “mostruosizzato” da un cellofane, che sbuca dall’oscurità e dal fuori-campo, in sequenza ad un lungo carrello che insiste nel riprendere il banco della carne.

Solo allora Thana – dopo aver subito la seconda violenza (quella reale) – e cioè nel momento in cui il mondo esterno (il ladro) sfonda le barriere del recinto “sacro” (l’appartamento) per violare la sacralità della persona, prende consapevolezza di dover passare dalla tesi alla prassi. Nonostante il primo delitto, quello del rockabilly, sia casuale (non è casuale invece il fatto che sia ambientato all’aperto e in pieno giorno), Thana è consapevole del fatto che la violenza è liberatrice solo se attuata attraverso un processo demistificatorio del maschio e mediante l’estrinsecazione della sua coscienza di fronte a Dio. Fatto dimostrato dall’inquadratura a plongèe nell’appartamento della giovane, dopo il sezionamento del cadavere, in cui è come se l’occhio di Dio osservasse il peccato di Thana (tesi sostenuta da molti critici), che coincide con la stessa inquadratura di Taxi driver, in cui Travis è mostrato sdraiato sul letto.

di Fabrizio Fogliato ©

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