I LIBRI DI INLAND #6
Con la rabbia agli occhi. Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano
di Fabrizio Fogliato con prefazione di Romolo Guerrieri
Bietti Edizioni, 2022

Introduzione – Itinerari psicologici nel cinema criminale italiano

Ciò determina l’egotismo diffuso che alimenta la smania della rinuncia alla propria identità per intraprendere una deriva autocratica (in senso lato) e dominante che, attraverso il suo decisionismo, impedisce qualsiasi violazione della proprietà privata e occulta, nel segreto dell’indicibile, le manovre politiche che decidono i destini della nazione. Il cinema criminale – ancor più nella sua variante di genere – utilizza la distorsione visiva e la deformazione iperrealista per mostrare lo sfilacciamento sociale.

Il mezzo di cui si serve è la città, rappresentata come una voragine che inghiotte la monotonia del quotidiano e perpetua una ritualità insostenibile. La metropoli si manifesta tanto nell’apparente trasparenza del giorno (è nell’anonimato della quotidianità che il crimine agisce, attraverso la mimesi sociale), quanto nella sinistra dimensione notturna dell’eccesso. È una giungla di istinti incontrollati osservati da dietro i vetri delle finestre, chiusi negli abitacoli delle automobili, al cospetto di violenza, crudeltà, stupri e omicidi. La città penetra nel salotto borghese e ne profana l’intimità; fa emergere il luttuoso masochismo dell’individuo che vive la propria condizione come una colpa esplicitando, inaspettatamente, il complesso di inferiorità che lo attanaglia.

Il conflitto, aperto dalla mercificazione e reificazione degli individui, separa la società dei “diversi” (i criminali) da quella “normale” (i cittadini – ma i criminali non lo sono?) e genera una ferita incauterizzabile da cui si originano la sperequazione sociale, il tempo della fame e del rancore, lo spazio per delatori, profittatori e parassiti, l’idea di felicità e piacere raggiungibile solo attraverso la sofferenza degli altri.

La conclusione verso cui convergono le nostre considerazioni analitiche – e le diverse tappe di questi itinerari – è l’abisso, uno spazio sociale in cui gli oggetti interferiscono con la messa in scena orientando la realtà in termini schopenhauriani: spazio deterministico della sfrenatezza degli istinti prevaricatori e dei comportamenti predatori. Il cittadino – sia quello mostrato sullo schermo, sia quello che guarda lo schermo seduto in sala – subisce un processo di regressione dai tratti ostentatamente autocommiserativi e si deresponsabilizza evidenziando tutta la propria immaturità.

La sadica ferocia della massa (criminale e non) ha la stessa discendenza della vittima masochista, silenziosamente rassegnata, o scriteriatamente ribelle. Il criminale, come il cittadino, si sottomette a impulsi patologici di cui diventa consapevole solo una volta conclusa l’azione violenta (agìta o subìta). Tale regressione si accompagna a inarrestabili e terrificanti esplosioni di rabbia: all’avidità e all’invidia si sommano i rancori sociali ‒ entrambi non esenti da caratteri ereditari.

Terminato il viaggio, si è voluto completare il volume con un capitolo – curato da Alessandro Arban – sugli autori delle colonne sonore del poliziesco italiano, una selezione di documenti inediti provenienti da «Polizia moderna» (rivista ufficiale della Polizia di Stato) e una serie di interviste a registi e sceneggiatori che riflettono, argutamente, sui alcuni temi affrontati nel libro.

FINE

Per saperne di più:

www.conlarabbia.it

di Fabrizio Fogliato ©

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