L’isola dei morti: un immagine onirica che deve produrre un tale silenzio che il solo bussare alla porta dovrebbe fare paura

La sequenza successiva rimanda all’altra componente del film – quella proveniente da Laure– il film diretto da Anonimo (come scritto sui titoli di testa, in realtà girato da Roberto D’Ettore Piazzoli, dopo l’abbandono di Emanuelle Arsan) di cui in Velluto neroritroviamo l’eroina: Laure/Annie Belle. In compagnia di Emanuelle, le due donne assaporano un attimo di felicità immergendosi nella realtà del suk, assaporandone gli aromi dell’incenso di zenzero, mentre alle immagini di vita quotidiana si sovrappone una voice-offche ne celebra la bellezza e la mancanza; poi, le due donne terminano la loro breve fuga visitando un bordello in cui, proima sono spettatrici di un amplesso saffico e poi si abbandonano loro stesse all’amore lesbico. Brunello Rondi, restituisce a questa scena un tocco di poetico lirismo (altrimenti sconosciuto al resto del film), consacrandola non solo a momento liberatorio ma anche a rappresentazione metaforica dell’amore tra popoli: la donna bianca e quella nera si stringono in un coito struggente che è sinonimo sia della libertà sessuale che di una possibile globalizzazione dei corpi. Per quanto improbabile e velleitario, il tentativo rondiano, non risulta mai ridicolo e riesce a mantenere un’ambiguità di fondo che non lascia indifferenti. Il proseguire del film è concentrato sullo svelamento, da parte di Laure, dell’ipocrisia e della prosopopea del gruppo di borghesi: inadatti a vivere la realtà e pertanto immersi nel delirio distruttivo del sogno.

Gli ultimi 40 min. di film sono la rappresentazione per immagini dell’ Isola dei morti, il più importante dipinto del pittore svizzero Arnold Böcklin. Il quadro presenta la rappresentazione di un isolotto roccioso sopra una distesa di acqua plumbea, mentre una piccola barca a remi, condotta da un personaggio a poppa, si sta avvicinando all’isola. A prua dell’imbarcazione è situata una figura vestita interamente di bianco. Brunello Rondi sostituisce l’isolotto cimiteriale con la necropili egizia, il mare “nero” con l’azzurro del Nilo, la barca con il battello, il traghettatore con Antonio e la figura bianca con Laure. L’isolotto di Böcklin è dominato da un fitto bosco di cipressi ed è circondato da rupi scoscese. Nella roccia si intravedonio dei portali sepolcrali (nel film l’ingresso dei templi) che restituiscono all’insieme del tutto, un immagine di desolazione immersa in un atmosfera ipnotica e marcescente. L’intento, ricordato dal pittore stesso è quello di “un immagine onirica che deve produrre un tale silenzio che il solo bussare alla porta dovrebbe fare paura”. Brunello Rondi plasma l’Isola dei morti, piegala rappresentazione alle sue esigenze costruendo, questa parte del film, su un complesso paradosso: nonostante la rappresentazione sia sempre diurna, immersa nella luce infuocata del sole d’Egitto, la storia si incupisce, i tratti dei personaggi diventano inquietanti e minacciosi, e l’atmosfera si fa sempre più macabra e opprimente. Non c’è più spazio né per la gioia né per il sogno di essa, ciò che rimane è espresso da una frase di Magda, che rivolta a Emanuelle afferma: “Non l’hai ancora capito…questa è una nave di fantasmi”.

Le visite del gruppo ai vari templi da Wadi Saboa, a Philae, fino ad Abu Simbel costituiscono le tappe della disillusione. Laure opera in questo senso mettendo a nudo l’inconsistenza di Carlo: irridendo l’uomo e la sua macchina fotografica e portandolo ad una reazione violenta e scomposta che altro non è che ammissione di impotenza. Poi è la volta di Magda che, mezza ubriaca, si concede tra le braccia di due nomadi di passaggio, vantandosi della sua libertà e dell’ingente numero di uomini avuti, mentre Laure, dicendole: “Sei arrivata ad un orgasmo? Non ci riesci mai vero?”, la riporta alla realtà, ricordandole la sua patologia, quella di ninfomane, incapace di provare piacere. Infine è la volta di Hal, il vecchio, che si reputa un grande attore e che sostiene che Hollywood è vuota senza di lui, perso in una inesuasta e pedissequa recitazione de La vita è sognodi Calderon: anche qui è la giovane bionda a riportarlo tra i comuni mortali: “Svegliati Hal, hai sognato abbastanza. Purtroppo per te non è sufficiente sognare per diventare un divo”.

[CONTINUA]

di Fabrizio Fogliato

 

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