L’antimiracolo nella visione di Brunello Rondi

L’antimiracolo nella visione di Brunello Rondi prende la forma di un erotismo liberatorio che con Il demonio si traduce in un’aggressione visiva senza precedenti e modulata sulle cadenze di un incubo ipnotico che cresce in maniera progressiva fino al momento dell’uccisione/penetrazione di Purif da parte di Antonio.

Di fronte alla forza dirompente della sessualità femminile e alla relativa istintualità delle passioni e dei sentimenti anche il sacro risulta impotente (come ben dimostra il pre finale nel Monastero di Montescaglioso). La forza di Purif fa paura, destabilizza porta a rimettere in discussione un modus vivendi consolidato e monolitico. La sua presenza tattile e carnale, i centimetri di pelle esposta alla m.d.p. (relativamente pochi ma sempre feriti e martoriati)[1], la sua fisicità insinuante e dirompente ne fanno il ritratto di una nevrosi femminile che sfiora il patologico e che si manifesta nella non accettazione delle regole consolidate e silenti di una società retriva e intimidatoria.

Dalla polvere, dalla cenere e dal sangue dell’antimiracolo Brunello Rondi fa emergere – con grande (troppo) anticipo sui tempi – il prototipo di donna emancipata, sfacciata, intraprendente e consapevole del suo potere seduttivo (un fascino liberato da ogni forma di magia) che attraverserà da lì a pochi anni l’intera società italiana.

di Fabrizio Fogliato ©

[1] I lembi di pelle di Purif sono: feriti alla puntura di un ago, straziati da arti diabolici durante il sonno, martoriati dal filo spinato, violati dalle mani impudiche e untuose dello stregone e, infine, penetrati dalla lama/fallo di Antonio (cioè l’uomo che ama).

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