Estratto del libro da La spiaggia (1954) di Alberto Lattuada

La spiaggia è un luogo di prossimità. Un luogo popolato da persone diverse ma unite dal desiderio di evasione e di riposo. Apparentemente è un luogo in cui la vicinanza stimola la conoscenza, in cui ci si incontra (a volte anche a distanza di anni), un luogo temporaneo, in cui le giornate scorrono sempre uguali eppure sempre diverse. La spiaggia per gran parte dell’anno è un miraggio, un traguardo ambito per dimenticare tutto e tutti e per ricominciare da zero una micro-vita – a scadenza definita, quella della fine delle vacanze – che si riproduce per pochi giorni con persone diverse, con contatti che si sa essere temporanei e con il desiderio, contraddittorio, che quel periodo duri tutto l’anno ma altrettanto desiderosi che finisca il prima possibile. In questo luogo in cui il rapporto di prossimità è forzato, in cui non si può evitare di dire qualcosa senza che chi si trova affianco possa ascoltarlo, dove un gruppo di conoscenze si consolida nel tratto di spiaggia occupato da sdraio e ombrelloni, gli italiani, a partire dagli anni ’50 cominciano a ritrovarsi. In realtà, “la villeggiatura” agognata e ambita, progressivamente, diventa una riproduzione in piccolo e per un tempo limitato, di schemi, stili di vita e atteggiamenti che oltre ad essere non dissimili da quelli quotidiani di tutto l’anno ne diventano la propaggine estrema e oltranzista a causa della convinzione che la spiaggia non preveda né regole né limiti alla libertà personale. Uno sfogatoio in cui tutto è concesso, spesso tollerato, a volte persino stimolato dalle condizioni di vita che il luogo prevede. L’Italia di quegli anni ha una voglia matta di lasciarsi andare, eppure appare ancora imbrigliata ai gioghi della tradizione (utilizzati, ipocritamente, come paravento morale)

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[…] Sul viaggio in treno che dà il via alla storia nel film di Lattuada, nello scompartimento, c’è già un micro-cosmo rappresentativo di quelli che sono i contenuti del film. La prostituta (Martine Carol) vi sale con la bambina, dopo averla raggiunta alla stazione accompagnata dalle suore del collegio e, sedendosi di fianco al finestrino, esprime sin da subito la voglia di guardare fuori, di raggiungere prima possibile quel mare che crede possa rappresentare la sua ancora di salvezza. Di fronte a lei sta seduto un frate dormiente che si desta solo nel momento in cui, moralisticamente, ritiene di dover pontificare su morale e corruzione. Sul sedile di fronte trova posto anche Silvio (Raf Vallone) un sindaco comunista che, dileggiando la località a cui sono diretti alcuni degli occupanti lo scompartimento, riesce a dirottarne la maggior parte verso il paese in cui lui governa. Tra questi la coppia-comica rappresentativa dell’italiano ingenuo, vizioso e cialtrone che, improvvisamente, pensa che basti una vacanza per cambiare vita (cosa che puntualmente non si verifica), e lo straniero, l’unico, non a caso, che non si lascia abbindolare dalle menzogne del sindaco e che prosegue il suo viaggio verso la meta originaria. Nello scompartimento del treno de La spiaggia c’è quindi l’Italia del campanile “politico” quella un po’ bigotta e credulona, inconsapevole della società che sta creando e che nel film appare più vittima che colpevole.

di Fabrizio Fogliato

ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO – Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

Brossura – 464 Pagine

Euro 20,00

Edizioni Il Foglio

Collana LA CINETECA DI CAINO – 3

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