La libertà è un feroce predatore che uccide il pavido e l’ingenuo, che annulla l’ipocrita e che sbrana il presuntuoso.

Oggetto misterioso per lungo tempo, l’ottavo film da regista di Brunello Rondi è oggi finalmente visibile nella copia depositata presso la cineteca nazionale. Il film è registrato al visto censura con la durata di 100 min., mentre la copia a disposizione ne dura appena 81; difficile dunque dare una valutazione complessiva di Tecnica di un amore, anche perchè quella oggi visionabile è una copia in cui anche il montaggio non sembra seguire l’ordine cronologico degli avvenimenti (i riferimenti sono i vestiti dei protagonisti, che nella seconda parte del film cambiano improvvisamente riportando lo spettatore a scene già viste e interrotte nel primo tempo), frutto probabilmente di un assemblaggio frettoloso e non filologico. Da ciò che rimane di Tecnica di un amore, è molto difficile trarre un giudizio esaustivo su quali fossero le intenzioni del regista, anche perchè già in fase di presentazione, il film viene bocciato in primo grado l’01.03.1973, e nel verbale della commissione si legge: “Il film è tutto improntato ad un ossessivo erotismo e sia il dialogo chetalune sequenze (…) sono descritte con realismo sessuale così crudo da realizzare certamente offesa al buon costume” (Alessio Di Rocco in Nocturno n.86).

tecnica_di_un_amore_janet_agren_brunello_rondi_003_jpg_ubea

Il blocco viene revocato in appello ma il film subisce tagli consistenti che ne snaturano l’impianto originario. Dalle parole del direttore della fotografia Claudio Racca, si può apprendere il contesto in cui si sviluppa la produzione della pellicola: “Fu girato a Ponza, sul panfilo di Adelina Tattilo, che era la produttrice insieme a Carlo Maietto. La protagonista era Janet Agren, che stava vivendo la sua storia d’amore con Maietto, e aveva soppiantato la prima attrice designata, Erna Schurer, ex dello stesso Maietto, insomma, si lavorò tra questi intrghi sentimentali. Brunello Rondi, con il quale collaborai ancora come direttore della fotografia, per Valeria dentro e fuori, era un ottimo regista, un intellettuale …”.

Nel suo complesso Tecnica di un amore ambisce ad essere un apologo sul fascino/pericolo della libertà. L’unità di luogo, il roteare attorno alla coppia borghese, e il personaggio manipolatore proveniente dall’esterno, ricordano Teorema di Pier Paolo Pasolini, anzi la scelta di un Male manipolatore che porta verso la tragedia, sembra anticipare il pessimismo che caratterizzerà il poeta regista nell’ultima fase della sua carriera. Teorema è un saggio poetico-ideologico sulla crisi della borghesia. Un ospite “divino” interviene nelle dinamiche relazionali di una famiglia di industriali, e riesce a fare innamorare tutti di sé per poi abbandonarli nella confusione e nello straniamento, dimostrando l’incapacità dei borghesi di riprendere una vita “normale”, codannandoli alla solitudine e alla disperazione. Nel film di Rondi, invece, una creatura “malefica” proveniente dal nord (è svedese) si intromette nella vita di coppia (fallimentare) di due borghesi, evidenziando l’ipocrisia della loro relazione e la mancanza di coraggio nell’affrontare la crisi che li pervade sin dal giorno del matrimonio. Tecnica di un amore, sin dal riferimento geometrico del titolo, non solo richiama Teorema, ma vuole rappresentare appunto l’aspetto “tecnico” della relazione in assenza delle emozioni, rivelando come la struttura sentimentale così fatta, sia precaria e penetrabile dall’esterno.

ppp2_teorema-pasolini-film-poster

Il film di Rondi, richiama anche il cinismo, la spregiudicatezza e la cattiveria di apologhi pseudo esistenziali ambientati su imbarcazioni alla deriva quali quelli di Top Sensation di Ottavio Alessi (1968) e Interrabang di Giuliano Biagetti (1969). L’ambiente agorafobico della barca alla deriva, o dell’isola isolata dal continente, diventano il teatro per rappresentare la dissoluzione della coppia, che lentamente viene stritolata dalle sue stesse azioni meschine. La regia di Brunello Rondi in Tecnica di un amore evidenzia questo aspetto con un andamento a spirale che progressivamente isola ogni personaggio dal contesto in cui vive, evidenziandone l’incapacità di reagire ad una situazione imprevista e immotivata. Il sesso è utilizzato come strumento di dominazione e repressione, e il potere ad esso intrinseco è elemento destabilizzante e coercitivo all’interno di una relazione amorosa che appare fredda (appunto “tecnica”) e forzata.

Interrabang 2

Lo stesso Brunello Rondi, ricorda in un’intervista del 1967, l’importanza dell’ambiente chiuso come teatro per il dramma: “Perchè io credo che l’applicazione del compressionismo e il tipo di conflitto che nasce in un ambiente ristretto possa caricarsi di essenzialità e assumere un tono diverso dal naturalismo ottocentesco”. In Tecnica di un amore, infatti, l’unità di luogo rappresenta un teatro naturale in cui il burattinaio (il personaggio manipolatore) muove le marionette a suo piacimento, utilizzando il sesso come forza dirompente e scatenante di una volontà repressa (anche dalla religione). I personaggi del film, soprattutto Sabina e Andrea, sono gravati da un senso di colpa esistenziale e cattolico che determina di volta in volta il loro comportamento. Se il film risulta talvolta irrisolto e claudicante, percorso da rituali primitivi e ancestrali scollegati dal contesto (a causa dei tagli alcune sequenze appaiono totalmente fini a se stesse), e se sembra sostenere una tesi irragionevole, è altresì vero che proprio questi aspetti ne costituiscono il fascino, ed evidenziano la passione indiscriminata e “feroce” del regista per il cinema libero da compromessi. È lo stesso figlio Umberto, a ricordare le intenzioni del padre e la sua viscerale sincerità: “Ci tengo a sottolineare che papà Brunello aveva fatto idealmente e concretamente suo l’ammonimento di Martin Luther King: “Vi scongiuro di essere indignati”. Perciò c’erano delle cause culturali, civili e umane che sposava con passione, fermezza e slancio, senza guardare al risultato o all’interesse. Lo faceva solo perchè ci credeva. Ardentemente”.

tecnica_di_un_amore

Sposati da 10 anni Andrea (Silvano Tranquilli) e Sabina (Erna Schurer) non si intendono più. Intellettuale fallito, lui s’arrovella sulla macchina per scrivere, tentando di inventare mediocri slogan pubblicitari per un partito politico. Lei cerca inutilmente di smuoverlo dalla sua egoistica indifferenza e di ricuperare il suo affetto, risvegliando i suoi sensi. Un giorno nella loro splendida villa in riva al mare capita una giovane enigmatica svedese, Monica (Janet Agren), seguita, qualche tempo dopo, da un suo amico greco, Yorgo (Norberto Botti). Andrea si innamora invano della ragazza, mentre Sabina cerca un rifugio alle proprie frustrazioni dapprima nelle pratiche magiche di una sua amica, poi tra le braccia di Yorgo…

tecnica_di_un_amore_janet_agren_brunello_rondi_004_jpg_aruc

Lo scenario naturale e selvaggio dell’isola di Ponza è la rappresentazione di un inferno pietrificato; un ambiente apparentemente solare e libero che in realtà cela un abisso di tristezza e mistero. Illuminata dalla fotografia fosca e livida delle luci di Claudio Racca, l’isola assurge a ruolo di “personaggio” (come è per la villa di Teorema). Un escrescenza rocciosa su cui si sviluppa una tragedia erotico-sentimentale, circondata da un mare corvino che appare sempre più minaccioso e inquietante, oltre ad essere un liquido amniotico in cui al posto della vita si genera la morte.

01761001

Monica, appare tra le rocce, quasi come una visione subliminale agli occhi di un incredulo Andrea, che concentra la sua attenzione sugli speroni rocciosi che gravano su di lui dimenticandosi delle parole della moglie Sabina, la quale le ricorda la sua condizione: “Senza di me cosa saresti diventato tu?… saresti ancora attaccato alla sottana di tua madre”. Andrea non sente la sua voce, perchè i suoi occhi e la sua mente sono diretti verso la nudità statuaria di Monica, la quale apre il pareo come fossero le ali di un pipistrello, rivelando sin dalla sua prima apparizione il ruolo di minaccia e pericolo che la contraddistingue e forse anche la sua natura malefica. Quasi in modo subliminale, Andrea passa gli occhiali a Monica, rompendoli volutamente, compiendo un gesto che è reazione inconscia alle parole precedenti della moglie, e che al contempo ne rivela l’immaturità infantile.

Janet_Agren_-_Tecnica_di_un_amore_(1973)

Il corpo nudo e perfetto di Monica, percorre i primi trenta minuti di film, con un ruolo e una funzione ben precisa. Essa è la rappresentazione figurativa della libertà: la vediamo ergersi tra le rocce, ripresa come se fosse una statua ellenica, immersa nelle acque trasparenti del mare e spogliata non solo dei vestiti ma anche di qualunque forma di malizia. La sua è una nudità naturale, una condizione simbolica, necessaria ad estirpare dall’uomo il suo senso di colpa. Nella scena cruciale di Tecnica di un amore infatti, il campo e contro campo tra le rocce mostra Monica e Andrea a stretto confronto, divisi dalla barriera sessuale, che per la donna è sinonimo di libertà e integrazione con la natura, mentre per l’uomo è vergogna gravata dalla colpevolezza. Non a caso, alla domanda di Andrea: “Non ti spiace se qualcuno ti vede così?”, la ragazza risponde indispettita: “E perchè? Che c’è di male. Non c’è niente di indecente in un corpo nudo. I tuoi pensieri piuttosto sono indecenti, non il mio corpo”; la scena si chiude con Monica che si alza e si riveste, e interpellata da Andrea: “Te ne vai?”, risponde sconsolata: “Si… perchè adesso mi vergogno”. Il sesso dunque (ma anche la nudità), sono per il borghese cattolico (quale è Andrea), qualcosa di sporco e malizioso: una rappresentazione permanente e incombente del peccato originale. Anche nell’amplesso successivo tra lui e la moglie Sabina, infatti, non c’è alcuna liberazione. Brunello Rondi gioca abilmente e ironicamente sulla natura depressa del loro rapporto: sottolinea la scena con le note potenti e solenni dell’Inno alla Gioia di Beethoven, ma chiude l’episodio con lo sguardo intrigante di Monica che osserva la coppia durante il coito (per altro interrotto), e chiosa cinicamente: “Era molto bello… anche se un po’ triste”.

tecnica_di_un_amore_janet_agren_brunello_rondi_002_jpg_umkw

Il rapporto contrastato tra le due donne, che si insultano a vicenda con appellativi simbolici (puttana e moglie) è finalizzato alla necessità da parte di Sabina di risolvere la sua crisi interiore. La donna si sofferma a guardare la nudità di Monica per capire come afferma lei stessa, identificando nella giovane donna non tanto una rivale quanto l’immagine di ciò che lei avrebbe sempre voluto essere ma non è mai stata in grado di essere (per paura, per educazione…). Non a caso infatti, successivamente, Sabina muta il suo comportamento nei confronti del marito atteggiandosi in maniera ridicola e bizzarra (perchè non le appartiene) al ruolo di puttana pronta a soddisfare ogni esigenza, anche la più perversa dell’uomo che le sta a fianco. In realtà Sabina cerca la sua nemesi, tutto il suo percorso è finalizzato all’estinzione e alla ricerca di una morte liberatrice: all’inizio del film si copre più volte il viso con un drappo nero, evocando un desiderio di morte, successivamente assiste al rituale di Kamen – una sorta di sacerdotessa infernale – che le chiede: “Sai qual’è la cosa più bella della vita?…La Morte”; dopo lo scambio di coppia, in cui lei si concede a Yorgo, si reca sulla spiaggia di notte e osserva il mare. Lentamente sprofonda dentro di esso e si uccide, utilizzando l’acqua come liquido funereo in cui sprofondare e trovare, finalmente, la felicità.

Teorema

L’ambizione (va detto, spropositata rispetto ai mezzi a disposizione) di Brunello Rondi, in Tecnica di un amore, è quella di raccontare sia la dissoluzione della coppia sia il significato religioso della libertà. Egli trasforma la libertà in un feroce predatore che uccide il pavido e l’ingenuo, che annulla l’ipocrita e che sbrana il presuntuoso. La libertà fa paura (gli anni sono ancora quelli del riflusso post ’68) e all’uomo non rimane altro che imbracciare il fucile e sparare contro l’intruso, il giovane, lo straniero. In quest’ottica, Tecnica di un amore, anticipa di molti anni la crisi generazionale che contrappone vecchi e giovani, affidando al ruolo dell’uomo maturo (e paradossalmente infantile) il ruolo di omicida di ogni istanza libertaria. Il giovane (uomo o donna non ha importanza) è un essere “malefico” che manipola le coscienze e che utilizza il suo corpo turgido e voluttuoso come arma di distruzione di una serenità e di un perbenismo che sono solo apparenti. Il microcosmo inquietante e fallito, percorso da tensioni endemiche che Brunello Rondi tratteggia in Tecnica di un amore è l’embrione di quella società che si sfalderà lentamente e irreversibilmente sotto la spinta distruttiva del culto dell’apparenza, che comincerà nel secondo lustro degli anni ’70. Velluto nero… è già all’orizzonte.

di Fabrizio Fogliato

 

TECNICA DI UN AMORE (1973)

Regia: Brunello Rondi

Soggetto: Pietro Regnoli, Silvia Regnoli

Sceneggiatura: Pietro Regnoli, Brunello Rondi

Interpreti: Janet Agren (Monika), Erna Schurer (Sabina), Silvano Tranquilli (Andrea, suo marito), Norberto Botti (Yorgo), Paola Corazzi (Kamen), Sergio Parri (amico di Kamen), Alessandro Perrella (altro amico di Kamen), Lorenzo Piani (altro amico di Kamen)

Fotografia: Claudio Racca

Musica: Albert Verrecchia

Montaggio: Marcello Malvestito

Produzione: Thousand Cinematografica

Distribuzione: Panta Cinematografica

Censura: 61955 del 24-03-1973

Scrivi un commento