Vamp, Femme Fatale …Vampira: la prima della storia del cinema

A Fool There Was (id., 1915) di Frank Powell, è forse (molti film della Silent Era sono andati perduti) il primo film che affronta la figura del vampiro. Lo fa da un punto di vista “realistico”, quello della seduzione e della dipendenza che l’essere perverso instilla nelle sue vittime “inconsapevoli”. La dinamiche è duplice, da un lato quella della caccia, una pericolosa partita che si “gioca” tra inseguitore e inseguito, e dall’altra quella della partita a scacchi, in cui alle mosse del vampiro corrispondono gli errori della vittima. Non si tratta di vampiri in stile Nosferatu o Dracula, bensì dell’idea di vampiro-umano, quello che non sembra tale, ma che è rappresentato come una figura articolata del desiderio e che come tale si dissimula nelle pieghe della quotidianità. Quella di A Fool There Was è una donna-vampiro, una donna (volutamente) senza nome, ma anche senza né passato né futuro (che agisce solo in un presente necrofilo che è sempre tale), che possiede un potere destabilizzante e letale nei confronti della fragilità maschile.

Frank Powell, nel 1915 incontra il produttore William Fox a cui lega i suoi più grandi successi, dovuti, anche, alla scoperta e creazione della donna-vampiro, “la vamp” incarnata dalla figura leggendaria di Theda Bara protagonista sia di A Fool There Was, sia del successivo The Devil’s Daughter (id., 1916) tratto da “La Gioconda” di Gabriele D’Annunzio. Frank Powell dirige altri grandi divi del muto, come Mary Pickford con cui realizza quasi una ventina di film, prima di interrompere bruscamente (e misteriosamente) la sua carriera nel 1921 anno in cui dirige il suo ultimo film, questa volta per la Mack Sennett Comedies, intitolato Astroy from the Steerage (id., 1921). A Frank Powell si deve dunque la scoperta della prima “femme-fatale” della storia del cinema e, a quanto pare, fu proprio lui ad inventare il nome d’arte Theda Bara per Theodora Burr Goodman, attrice che “Brucia” la sua fama e il suo successo clamoroso nell’arco di un pugno di film, ma che cattura indelebilmente l’immaginario collettivo grazie al suo fascino inquietante e non-convenzionale. Theda Bara nel suo periodo di gloria condivide la sua fama e il suo successo con Mary Pickford e Charles S. Chaplin, è una dell figure più acclamate da pubblico, ma è anche il primo esempio di star creata a tavolino. La sua immagine artistica è consacrata da A Fool There Was, mentre la sua icona e sapientemente costruita attraverso fotografie che la ritraggono in pose ammiccanti , audaci per l’epoca, circondata da teschi o serpenti. Cosa alquanto paradossale, visto che la donna, in realtà conduce una vita tutto sommato ordinaria, a testimonianza della manipolazione operata, già allora dai media, per costruire personaggi e non persone da dare in pasto ad un pubblico già famelico.   e la stessa attrice, tenta, inutilmente, di allontanarsi dallo stereotipo da lei creato e incarnato, prima di parodiare se stessa in Madame Mystery (id., 1921) e successivamente ritirasi, definitivamente, dalle scene.

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John Schuyler (Edward Josè), è un avvocato con una ricca carriera alle spalle e una vita familiare appagante e serena. Oltre alla moglie Kate (Mabel Frenyear) e alla piccola figlia, a fare da contorno alla gioia familiare partecipano anche la sorella della moglie (Mary Allison), il suo compagno e un gruppo di amici, tra cui il dottore di famiglia (Frank Powell). Un giorno, nell’ufficio di John arriva un cablogramma con l’invito del Presidente americano affinchè l’avvocato si rechi in Gran Bretagna come ambasciatore. La felicità per l’ambito traguardo professionale è però funestata dall’incidente occorso alla sorella della moglie che la costringe a letto per alcune settimane, cosa che fa rimandare la partenza di moglie e figlia e che obbliga John ad imbarcarsi da solo. Mentre fervono i preparativi per la partenza, nella città si aggira una donna tanto affascinante quanto misteriosa, un perverso vampiro (Theda Bara) che seduce gli uomini, assorbe tutta la loro energia vitale, distrugge intere famiglie e abbandona morenti le sue vittime. Inconsapevole della minaccia John si imbarca sul “Gigantic”, sul cui ponte la donna–vampiro ha appena costretto al suicidio una delle sue vittime. Poco dopo aver salutato la famiglia sul molo, John Schuyler viene avvicinato dal vampiro, sedotto e annientato nella sua volontà…..

L’incipit di A Fool There Was  è programmatico, un cartello con su scritto: C’era un pazzo che pregava (come me e come te) stracci, ossa e un ciuffo di capelli (la chiameremo la donna senza scrupoli). Ma il pazzo, lui la chiamava la sua bella signora (come me e come voi), segue inquadratura emblematica a mezza figura in cui viene mostrato John Schuyler intento ad annusare il profumo delle rose, poi ancora un cartello: la chiameremo la donna che non aveva scrupoli, ma il pazzo la chiamava la sua bella signora (come te e come me). A cui segue inquadratura a mezza figura del vampiro che prende da un vaso le rose di prima, le annusa e poi ghignando ne strappa i fiori dal gambo e ne sbriciola i petali, come a dire che il marcio, la decomposizione sono in agguato e conducono (come mostra l’inquadratura, troppo didascalica, a seguire) al tramonto della felicità. La donna-vampiro è già in città (unica vestita di nero a tante donne vestite di bianco) intenta a studiare le sue prossime vittime. Il suo sguardo è ammaliante come mostrato nella scena sulla nave dove dall’interno della sua cabina con un primo piano incastonato nell’ovale dell’oblò (come fosse un cameo) la donna attrae l’attenzione di John e del suo amico mentre sono intenti a salutare moglie e figlia. Il comportamento della donna-vampiro è spudorato, non aspetta che l’uomo sia solo ma lo costringe a distrarre lo sguardo dai suoi affetti. La donna-vampiro è un cadavere, un non-morto (spesso la vediamo sdraiata) che si aggira nel mondo dei vivi per spargere un contagio di morte e distruzione: non è casuale che lo spazio abitato dalle sue vittime venga continuamente messo a soqquadro o demolito dall’ira che in esse si scatena al momento dell’abbandono della donna.

La “vamp” cattura le sue prede, le lega a se in modo definitivo (“finchè morte non ci separi”) e le trattiene in balia dei suoi disegni malefici. Il “mostro” si nasconde sotto i panni rassicuranti ed eleganti della mondana della Belle Epoque e, in qualche modo, ne diventa persino incarnazione metaforica del periodo storico: si aggira per la città con sicurezza e circospezione, “pende” dall’alto delle scale come fosse un pipistrello mentre osserva la sua vittima marcire nell’alcool, si muove su auto veloci nel traffico di una metropoli congestionata in cui non ci si accorge neanche di chi ti è  a fianco. Emblematica a tal proposito la lunga sequenza ripresa con un sorprendente (per l’epoca) camera-car in cui le automobili con la famiglia di John e quella con l’uomo e il vampiro percorrono un tratto di strada in parallelo, ma tra le due vetture sembra esserci un muro di incomunicabilità. La donna-vampiro entra nella famiglia Schuyler, perché John gli apre la porta, catturato dal potere irresistibile e terrifico della seduzione, lui rustico uomo di campagna abbagliato dal miraggio di un’ inaspettata, quanto desiderata, carriera diplomatica: non è casule, infatti che il vampiro si manifesti a John nel momento della promozione.

In A Fool There Was, quindi, la città ha un ruolo dirimente, quale luogo di dissoluzione e di opulenza, scrigno occluso di nefandezze e piaceri, visione apocalittica in cui un Male manipolatore, il vampiro proveniente da sottoterra, trasforma gli esseri umani in burattini soggiogati al suo volere e li lega a lui attraverso fili invisibili che ne inibiscono la volontà, obbligandoli a mettersi al suo servizio. Elemento, questo, che introduce la seconda dimensione su cui è costruito il film che, come viene definito nei titoli di testa è un “A psychological drama by Porter Emerson Brown”: la dimensione della partita a scacchi. Qui una regina, che potrebbe essere definita con gli stessi tratti fisiognomici della Lulù di Wedekind: Le caviglie sottili, un cantabile: il polpaccio delizioso, le sue ginocchia, un capriccio; è l’andante possente della voluttà. Come si stringono tranquille le due snelle rivali, la bimba e la sgualdrina, sapendo che nessuna delle due è pari all’altra per bellezza…, finchè si desta la dominatrice capricciosa e le due rivali si separano come due poli avversi, agisce come un automa meccanico sotto le mentite spoglie di un morbido angelo-satanico. La dinamica con cui è articolato l’agire della donna-vampiro è quella de “Il Giocatore di scacchi di Maelzel” di Edgar Allan Poe.

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Quello che lo scrittore americano descrive nel suo saggio è un meccanismo meccanico (non umano) inventato dal tedesco Von Kempelen e poi comprato e perfezionato da Maelzel. Il marchingegno funziona come un automa che attraverso un complesso intreccio di ingranaggi mette in moto le sue pedine e sfida l’essere umano in una partita impari. Allo stesso modo la donna-vampiro, prima determina il caos (l’incidente alla sorella di Kate) creando le condizioni per potersi inserire, disarticolando la serenità familiare, poi irretisce l’uomo mostrandogli la caviglia sottile sul ponte del Gigantic, infine lo trattiene con il piacere della lussuria e dell’ozio (la vacanza in Italia) e lo trasforma in burattino. Il processo attuato dalla “vamp” è sempre lo stesso, meccanico e automatico, come dimostra l’episodio del suicidio “obbligato” della sua prima vittima sul ponte della nave, e anche nella sua evoluzione prevede una serie di passaggi obbligati che per la vittima di turno sono ineludibili: la depressione, l’incapacità di reazione, l’ottundimento attraverso l’alcool e la nemesi nelle tenebre di un  luogo chiuso (la sua casa), oscuro, dissoluto e degradato. Il finale del film con John continuamente e inopinatamente allontanato dagli affetti familiari che con compassione e amore continuano a fargli visita per farlo ravvedere, è emblematico della dimensione necrofila e tombale in cui agisce il vampiro: egli forte del suo potere si manifesta all’improvviso e, quando l’uomo sembra cedere al richiamo degli affetti familiari, gli si para davanti e con il corpo voluttuoso e l’attrazione di un bacio lo fa nuovamente sprofondare nella disperazione più totale. 

In A Fool There Was, quindi, la donna-vampiro è un archetipo: una figura che incarna pienamente la dimensione subdola e manipolatrice del vampiro di stokeriana memoria: non morde, non succhia sangue ma è ben più letale in quando assorbe il siero vitale dell’essere umano, isolandolo dalla dimensione collettiva, snaturandone la scala dei valori, annullandone l’identità e cancellandone ogni possibilità di scelta per costringerlo tanto all’omologazione quanto al pensiero unico: una figura come diceva Benjamin, quella del “non morto” destinato a reincarnarsi e a rinascere continuamente attraverso le macerie di un passato sfigurato: E che altro è stato, in fondo, il secolo breve?

di Fabrizio Fogliato

A FOOL THERE WAS
TITOLO ORIGINALE: A FOOL THERE WAS
GENERE: Drammatico
ANNO: 1915
PAESE: Stati Uniti
DURATA: 67 min.
REGIA: Frank Powell
SCENEGGIATURA: Peter Emerson Browne
FOTOGRAFIA: Roy L. McCardell
OPERATORE: George Scheidermann
PRODUZIONE: William Fox Vaudeville Company
ATTORI: Theda Bara, Edward Josè, May Allison, Victor Benoit, Clifford Bruce, Mabel Frenyear

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