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Femme Fatale

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THE CHEAT (I PREVARICATORI, 1915) di Cecil B. De Mille

Cecil. B. DeMille: “Il pubblico ha sempre ragione. Faccio i miei film per il pubblico non per la critica.

 

La realizzazione di film della durata minima di 5-6 bobine, superiori dunque all’ora, a partire dagli anni ’10, allunga il periodo delle riprese, e impone la figura del regista (cioè di quello che all’epoca viene chiamato “Man behind the camera”); l’allungarsi della vita “del set”, trasforma la lavorazione di un film in qualcosa di avventuroso e imprevedibile, che nulla ha più a che fare con la quotidianità delle riprese di un giorno per i film da venti minuti. Per questi motivi, il regista si impone come figura “eroica”, al quale è demandato l’arduo compito di portare a termine il film che ha accettato di girare. Cecil Blount DeMille nasce il 12 Agosto del 1881 ad Ashfield in Massachusetts, e fin da piccolo entra in contatto con l’ambiente dello spettacolo, grazie soprattutto al padre Henry, insegnante alla Columbia University e predicatore di sermoni, il quale assieme alla moglie Mathilda scrive testi per il teatro. Nel 1900 il giovane DeMille inizia a scrivere per il teatro e a recitare assieme al fratello maggiore William. Attratto dal cinema, fonda una propria casa di produzione cinematografica, la “DeMille Play Company”. Nel 1913, dopo aver assistito entusiasta a The Great Train Robbery di Edwin S. Porter (1903), si unisce a Samuel Goldwyn e a Jesse L. Lasky e fonda la “Jesse Lasky Feature Play Company”, che di lì a poco diventerà la Paramount Pictures. A partire dagli anni ’20, dopo aver attraversato gli anni ’10 con una serie di commedie problematiche (ed ad alto tasso erotico, come Old Wiwes for new (1918) con Gloria Swanson) sulla relazione matrimoniale, inizia ad affermarsi come realizzatore di film biblici, solco nel quale proseguirà la sua carriera fino alla fine degli anni ’50. DeMille muore il 21 Gennaio 1959.

MERRY-GO-ROUND (DONNE VIENNESI, 1923) di Erich Von Stroheim

Erich Von Stroheim: l’incompiutezza della grandiosità, il realismo “estremo”, il sadismo nei rapporti umani… quello che poteva essere e che non è stato….

 

Merry-Go-Round (Donne viennesi, 1923), ovvero “carosello”, lo stesso che Erich Von Stroheim è stato costretto a fare per tutta la sua carriera da regista, sulla “giostra” di Hollywood tra produttori presuntuosi e arroganti, tra manie di grandezza spropositate per un’azienda commerciale (come è il cinema), set abbandonati (o da cui è stato cacciato) e rulli di pellicola bruciati (per recuperare un poco d’argento) e espunti dalle versioni montate dei suoi film, quelle stesse che Von Stroheim ha disconosciuto cancellando il suo nome dai credits. L’esempio più fulgido del deturpamento artistico della sua opera, irreversibilmente manipolata dagli studios, è proprio Merry-Go-Round, film girato da Von Stroheim per tre quarti, prima di essere cacciato dal set da un giovanissimo Irving Thalberg, con l’accusa (infondata) di aver sperperato oltre $ 500.000 per i costumi. Oggi il film, sui titoli di testa della versione uscita nel 1925, porta la firma di Rupert Julian, un onesto mestierante chiamato dalla Universal per terminare il film. La coppia Carl Laemmle e Irving Thalberg, al comando della major si illude che, al nuovo regista, basti seguire la sceneggiatura dello stesso Von Stroheim per portare a termine il film nel migliore dei modi, mentre il montaggio, che nei credits porta la firma dello stesso Julian, viene in realtà portato a termine da Irving Thalberg, il quale è anche l’artefice del ridicolo e pessimo finale del film, che scardina completamente il senso dell’opera di Von Stroheim, ne mortifica le intenzioni artistiche e snatura la poetica e la drammaturgia dei primi cinquanta minuti di film (quelli diretti dal regista viennese), sostituendo con un sentimentalismo d’accatto e con un happy ending ridicolo e forzatissimo, il finale originale, girato (ma incompiuto) da Von Stroheim e mai montato in nessuna edizione del film.

LA RONDE (1950) di Max Ophuls

La giostra della vita, ovvero la “gabbia dorata” dell’illusione del piacere

Vienna 1900. Un narratore (Anton Wallbrook) entra in scena e recita davanti ad un palco, si cambia d’abito e si avvicina ad una giostra di quelle per i bambini: Il “girotondo” può cominciare

Il 7 Gennaio del 1897 Arthur Schnitzler termina la stesura di “Reigen” affermando che “Qualcosa di così irrappresentabile non si è ancora visto”, al punto che l’autore è dubbioso se dare alle stampe il suo dramma. Non a caso, la prima rappresentazione teatrale dell’opera è messa in scena solo venti anni dopo da Max Reinhardt al Kleines Schauspielhaus di Berlino nel 1921. E’ la prima di una serie di rappresentazioni tormentate e ostacolate dal moralismo e dalla furia censoria: a Vienna, tempo dopo, la messa in scena di “Reigen” scatena tumulti di piazza e interpellanze parlamentari. La Ronde di Max Ophuls viene girato in Francia tra il gennaio e il marzo del 1950. Durante i 43 giorni di lavorazione le riprese si interrompono continuamente a causa dell’insolvenza nei pagamenti della casa di produzione La Sacha Gordine. Il film una volta terminato viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, accolto con favore dalla critica internazionale e accompagnato da proteste e clamori che giungono, da parte cattolica, fino al limite della scomunica come dimostra il caso di Münster luogo in cui la chiesa impedisce la proiezione del film. Sin dal prologo, La Ronde svela la sua complessità registica, in cui, già nella sequenza iniziale emerge la cifra stilistica e avvolgente dei movimenti della macchina da presa di Ophuls: il piano sequenza iniziale viene realizzato dopo la costruzione di oltre cinquanta metri di binari, curve e scambi.

A FOOL THERE WAS (1915) di Frank Powell

Vamp, Femme Fatale …Vampira: la prima della storia del cinema

A Fool There Was (id., 1915) di Frank Powell, è forse (molti film della Silent Era sono andati perduti) il primo film che affronta la figura del vampiro. Lo fa da un punto di vista “realistico”, quello della seduzione e della dipendenza che l’essere perverso instilla nelle sue vittime “inconsapevoli”. La dinamiche è duplice, da un lato quella della caccia, una pericolosa partita che si “gioca” tra inseguitore e inseguito, e dall’altra quella della partita a scacchi, in cui alle mosse del vampiro corrispondono gli errori della vittima. Non si tratta di vampiri in stile Nosferatu o Dracula, bensì dell’idea di vampiro-umano, quello che non sembra tale, ma che è rappresentato come una figura articolata del desiderio e che come tale si dissimula nelle pieghe della quotidianità. Quella di A Fool There Was è una donna-vampiro, una donna (volutamente) senza nome, ma anche senza né passato né futuro (che agisce solo in un presente necrofilo che è sempre tale), che possiede un potere destabilizzante e letale nei confronti della fragilità maschile.