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L’ASSOLUTO NATURALE (1969) di Mauro Bolognini

In Italia: ultimo atto. L’altro cinema italiano. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

[…] Un’Italia scientemente e volutamente cancellata per essere sostituita da spazi oscuri dominati dai chiaroscuri e da linee geometriche di raggelante precisione. Budelli oscuri dall’architettura riquadrata e persi in una profondità senza fine su cui emergono i tre colori base virati in acido: giallo, ciano e magenta. I vetri diventano la prigione/acquario in cui sono sigillati l’uomo e la donna. Nella visione di Bolognini ci sono solo spazi che – anche per la forma e per il modo in cui sono inquadrati – rimandano a delle bare. Il tema della morte è dunque centrale, al punto da essere declinato sotto diverse forme. Morte come incomunicabilità: la morte della parola come strumento di ragionamento e di relazione. Non a caso la donna, per istruire l’uomo, ricorre alla visone del documentario sulla riproduzione dei bachi da seta, mentre l’uomo, che fa affidamento sulla parole per far prevalere la ragione sull’istinto, viene travolto e ucciso dall’auto guidata dalla donna (nel libro è invece obbligato ad impiccarsi). Morte come assenza: quella di luoghi di passaggio.

1968… MODI PER MORIRE… e oltre

In Italia: ultimo atto. L’altro cinema italiano. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Nel 1968 la nostra industria cinematografica sforna oltre 250 titoli e una regione come il Piemonte ha in funzione oltre 800 sale cinematografiche (all’incirca una ogni cinquemila abitanti) tra prime, seconde e terze visioni. Il cinema dunque è, per chi lo fa, medium di canalizzazione della contestazione capace di dare vita ad una serie di nuovi autori (alcuni destinati a lasciare il segno, altri capaci di “ballare” per un solo film) mentre, per chi lo vede, da semplice passatempo, assume i crismi della rappresentazione di un orizzonte nuovo e suggestivo nonchè strumento di discussione.

1968… MODI PER MORIRE

In Italia: ultimo atto. L’altro cinema italiano. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Quello del 1968 è un paradosso straordinario: l’anno che vuole cambiare il mondo, nel cinema italiano diventa l’anno in cui la rivoluzione è negata. I film del biennio 1968-1969 – finora poco storicizzati e affrontati in ordine sparso – visti nel loro complesso disegnano oscuri presagi sul futuro a medio e lungo termine e sono attraversati da un pessimismo, appiccicoso e intransigente, nei confronti di tutto ciò che è cambiamento. La cifra contenutistica è quella della disillusione, già sublimata prima ancora che l’illusione stessa si compia. E’ come se il cinema, tra i medium, fosse l’unico a fare i conti con l’immaturità endemica e le frustrazioni dell’italiano medio, e a mettere in scena la nemesi stessa del “sogno”, anticipando persino i tempi dell’attesa e sospendendo ogni illusione in uno stato di sospensione come è quello della “permanenza del possibile”.