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Carl Leammle

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BLIND HUSBANDS (Mariti ciechi/La legge della montagna, 1919) di Erich Von Stroheim

Erotismo latente, ambienti psicologici, rapporti crudeli, personaggi immorali, seduttori sordidi e luciferini nel primo film di Erich Von Stroheim

 

La biografia di alcuni registi spesso sfocia nella leggenda. Soprattutto durante il periodo della Silent Era in cui il personaggio pubblico diventa predominante su quello privato e – particolarmente durante gli anni ’10, in cui la figura di alcuni registi diventa sinonimo di clamore e successo – si registrano biografie prevalentemente immaginarie in grado di rappresentare al meglio personaggi dai contorni ben definiti senza creare distinzione tra dentro e fuori lo schermo. È il caso questo di Erich Von Stroheim il quale è prima attore, poi aiuto regista per David W. Griffith (Intollerance, 1915 e Hearts of the world, 1918) e, infine, regista dei suoi film.

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Nato vicino a Vienna nel 1885, emigra negli Stati Uniti all’inizio del ‘900. Sin da subito arricchisce il suo passato biografico di particolari inventati: il prefisso “Von” che richiama ad una discendenza nobile (mentre i genitori sono mercanti), il grado di ufficiale di cavalleria dell’impero austro-ungarico, (mentre a vent’anni diserta l’esercito) e una vocazione alla magniloquenza che se da un lato si manifesta nel suo cinema titanico, dall’altro diventa la zavorra che appesantisce ogni sua produzione – solo il primo dei suoi film può considerarsi veramente suo. L’intento di Stroheim è soprattutto quello di incarnare fuori e dentro lo schermo il suo personaggio feticcio, quello del militare prussiano, arrogante, perfido e meschino che indossa la divisa come una seconda pelle e che si atteggia con comportamento marziale e impeccabile salvo poi di svelare un animo dissoluto e immorale.

THE SHOCK (1923) di Lambert Hillyer

Scavando negli oscuri registri del passato, una spaventosa pagina attira l’attenzione. Chinatown, quartiere del crimine, della paura, dell’odio e del mistero…il Cafè Mandarin, un vortice di vizi e di intrighi.

Anche nel periodo del cinema muto c’è stato (come sempre in tutta la storia del cinema) un cinema medio e popolare di matrice artigianale in grado di coinvolgere grandi masse di pubblico e di emozionare platee sterminate. A distanza di più di un secolo è talvolta difficile reperire questi film e ritrovare nel restauro la possibilità di conoscerli. Da sempre relegate nella categoria (pretestuosa) dei B-Movies, queste pellicole non trovano cittadinanza né sui libri di storia, né tanto meno sulle riviste di critica. Considerate opere minori (come in effetti sono), prive di valore artistico e di interessanti spunti critico-semiologici, realizzate da registi anonimi e spesso sconosciuti, alcune di esse tuttavia contengono elementi sorprendenti e situazioni anticipatrici dei “grandi classici”. The Shock di Lambert Hillyer è pienamente ascrivibile a questa categoria di film, ma a differenza di altri, fruisce della presenza di Lon Chaney nel ruolo di protagonista, di un villain donna difficilmente dimenticabile e della sorprendente e spettacolare distruzione di San Francisco nel finale del film

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Nato nello stato dell’Indiana nel 1889 dall’attrice Lydia Knott specializzata in ruoli western, Lambert Hillyer frequenta il mondo dello spettacolo sin da quando è bambino. Nei primi anni della sua carriera si dedica sia al giornalismo, sia al ruolo di scrittore. A partire dal 1917 comincia a lavorare per il mondo del cinema scrivendo sceneggiature e firmando regie di film di largo consumo: prevalentemente western ma anche melodrammi e polizieschi. La professione di regista la apprende e la perfeziona a Inceville sotto la supervisione del magnate del cinema muto Thomas Ince. A ventinove anni esordisce dietro la macchina da presa, con il film Strife (1917); nel 1919 gira Square Deal Sanderson e per tutti gli anni ’10 lega il suo nome al genere western e al sodalizio artistico con l’attore William S. Hart, che proprio grazie ai film di Hillyer diventa una star. Altri attori lanciati da Hillyer sono divenuti beniamini del grande pubblico come Buck Jones e Tom Mix, ma il regista dell’Indiana ha lavorato nella sua lunga e prolifica carriera anche con Lon Chaney (The Shock, 1923), Boris Karloff e Bela Lugosi (The Invisible ray, 1936). Successivamente alterna la sua produzione dividendosi tra cinema e televisione e nei primi anni ’50 diventa il regista principale della pioneristica serie televisiva western The Cisco Kid. Dopo questa esperienza decide di ritirarsi dalle scene. Muore a Los Angeles nel 1969. Lambert Hillyer non è nulla più che un onesto artigiano, capace e meticoloso, interessato a dirigere opere non particolarmente complesse indirizzate ad un pubblico eterogeneo e copioso, caratterizzate da una sorprendente vivacità della messa in scena e da un montaggio serrato e dinamico decisamente in anticipo sui tempi.