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AMERICAN BEAUTY di Sam Mendes (1999) – Parte Seconda

Invito a cena …con cinismo

 

Atto I: Ritratto di una famiglia americana

Prima di tutto c’è un’immagine che colpisce: lo sguardo di Jane alla pagina internet sulla chirurgia plastica per rifarsi il seno, prima di uscire di casa per andare a scuola. Un frammento, una scheggia di desiderio, veloce e fugace, che lentamente con il proseguo del film viene meno grazie alla consapevolezza, che la ragazza acquisisce, in merito a se stessa e al suo corpo, lungo la strada della sua relazione con Ricky. Consapevolezza e desiderio, due parametri che stridono fortemente con l’immagine plastica della famiglia: quella che Mendes mostra attraverso un lento zoom in avanti, immersa in una atmosfera sospesa mentre i tre componenti sono seduti a cena; al centro del tavolo un mazzo di American Beauty ben illuminato da un fascio di luce, posizione di oggetti e persone perfettamente ordinata, la simmetria dello spazio delimitata dalla presenza delle candele, insomma il ritratto patinato della famiglia americana. Per mostrare che l’apparenza inganna Mendes ricorre alla presenza di un controcampo muto (mostrato attraverso la ripresa video della handycam di Ricky), in cui non c’è bisogno di parole per vedere come il rapporto tra Jane e suo padre sia irrimediabilmente compromesso e come la madre Carolyn sia totalmente impotente a causa della sua pochezza e fragilità.

AMERICAN BEAUTY di Sam Mendes (1999) – Parte Prima

Un tragicomico equivoco di fine millennio

 

Sam Mendes appartiene alla nuova generazioni di “autori” hollywoodiani. Tenendo presente che la parola “autore” a Hollywood ha sempre un significato diverso che altrove, a causa sia delle ingerenze dei produttori sia dalla necessità di “fare cassetta”, anche per i film più “impegnati”. Difficile trovare, da parte della critica, un’opinione univoca sul regista: alcuni lo considerano uno dei pochi registi americani (ma Mendes è inglese), assieme a Darren Aronofsky, Paul Thomas Anderson, David Fincher, capace di coniugare impegno e spettacolo mantenendo uno stile inalterato e riconoscibile, altri un onesto mestierante, furbo e abile nel manipolare gli spettatori con storie ammiccanti e personaggi in cui è facile identificarsi. Solitamente non sono uso a schierarmi ma in questo caso ammetto (spazzando via il campo da ogni ambiguità) di appartenere alla seconda schiera di critici (anche se Revolutionary Road sembra smentire questa mia presa di posizione). Nonostante ciò ritengo che ogni filmografia sia sempre più complessa di ciò che appare e pertanto, una volta scoperte le carte, cercherò di affrontare il suo cinema mettendo da parte il pregiudizio e limitandomi ad una analisi obiettiva e asettica (quanto più possibile).