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VINCERE (2009) di Marco Bellocchio

Saggio in due parti: iconografia del potere, fantasmagoria e suggestioni storiche in Vincere di Marco Bellocchio

 

Enigma Dalser

Nella vicenda Dalser, c’è qualcosa di indefinito e poco chiaro. Qualcosa che ha a che fare con gli aspetti più intimi e oscuri dell’animo umano ma anche con il groviglio di relazioni di potere che legano un capo e i suoi sottoposti. Sarebbe troppo facile e superficiale liquidare gli avvenimenti come un susseguirsi di eventi e di azioni determinate dalla volontà di Benito Mussolini. Ma come si può credere che colui che in quegli stessi anni è impegnato a “trasformare l’Italia”, possa occuparsi in prima persona di una vicenda privata (anche se non marginale) visto che in gioco c’è la sua credibilità e l’onorabilità della sua coerenza. È evidente che l’animatore della famiglia autarchica e numerosa non possa rischiare di passare per bigamo, soprattutto dopo la stipula dei Patti Lateranensi dell’11 Febbraio 1929 e di una ritrovata riconciliazione con il Papa e con la Chiesa oltre Tevere. È altrettanto evidente che il comportamento – impulsivo, al limite dell’isteria, tenuto in più occasioni da Ida Dalser, possa, in quell’epoca, essere facilmente considerato come folle – nonostante che lo stress e l’angoscia a cui la donna è sottoposta con scientifica continuità e premeditazione possa apparire come giustificazione più che ragionevole per i suoi comportamenti eccessivi, animati da un evidente, e mai sopita passione indomita per il duce del fascismo.

storia

I “delitti”, perchè di questo si tratta, che hanno per vittime Ida Dalser e Benito Albino Mussolini hanno come movente quello della necessità di eliminare due persone scomode – sono privi di un colpevole o più colpevoli identificabili, visto che il numero di persone coinvolte in entrambe le vicende sfiora il centinaio. Dai fatti, inoltre, emergono tutta una serie di ambiguità: dai medici non medici che stilarono le diagnosi, dalla segretezza con cui per anni sono state custodite le cartelle cliniche, dal coinvolgimento diretto de Il Popolo d’Italia come trait-d’union tra ordini superiori ed esecuzioni locali. È comunque, altrettanto vero che non può essere escluso a priori il coinvolgimento diretto di Benito Mussolini il quale è sicuramente imbarazzato dal fatto che in Italia una donna possa essere libera di dichiararsi sua moglie e un giovane ragazzo possa utilizzare il suo cognome come legittimo. Inutile ora, a distanza di anni cercare una strada alternativa per risolvere la questione, così come cavillare sull’intreccio di fatti, ordini e casualità che portarono agli esiti nefasti della vicenda. Quello che rimane nella memoria è la testimonianza indelebile di eventi delittuosi, di matrice politica, in quanto determinati da una o più scelte e mossi da una collettività eterogenea (che talvolta inconsapevolmente) agisce in un’unica direzione. Alla luce di tutto ciò, appare pertanto opportuno considerare come un solo film non possa contenere al suo interno tutte le sfaccettature, le cause e le conseguenze di questa triste vicenda. Vincere, di Marco Bellocchio, opera di fatto una scelta ben precisa: quella di ritrarre, liberamente, il profilo di una “eroina” da romanzo d’appendice, declinandolo su tinte fosche e plumbee, le stesse che attraversano come un basso continuo il susseguirsi degli anni nel ventennio fascista.

RIVELAZIONI DI UNO PSICHIATRA SUL MONDO PERVERSO DEL SESSO [1973] di Renato Polselli

Tutti i segreti del cinema “freak” di Renato Polselli. Prossimamente sul secondo volume di ITALIA: ULTIMO ATTO

 

Definire cosa è stato il cinema italiano degli anni’70 è praticamente impossibile e probabilmente non ha neanche senso tentare di farlo. La già avventurosa storia del cinema italiano, in quel doppio lustro diventa “fantasmagorica” attraverso l’accumulo, pressochè infinito, di materiali eterogenei e disfunzionali attraverso i quali si costruiscono migliaia di film di ogni genere (alcuni addirittura inventandoli da zero), magari complessivi di un pugno di pellicole, dalla qualità discutibile, con l’unico fine immaginabile di soddisfare ogni esigenza (dalla più rara alla più turpe) di un pubblico “affamato” ma non stupido, pronto a spendere poche centinaia di lire per evadere, almeno per un paio d’ore, dagli anni di piombo. Inevitabile (come ho appena fatto) chiudersi in stereotipi e luoghi comuni per dare spiegazione plausibile a quel periodo storico-cinematografico, come è altrettanto inevitabile non soffermarsi sull’unico aspetto pervasivo e indistintamente comune a tutti i generi: il sesso.