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Alex Fridolinski

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MS. 45 (L’angelo della vendetta, 1981) di Abel Ferrara – Capitolo 5

Peccati inconfessabili: La vendetta è il mio perdono

 In Exposè, la donna ne esce sconfitta e – nell’assolato finale – viene uccisa da un uomo mentre lei sta per portare a termine la sua vendetta (in Ms.45 sarà una donna a fermare Thana); curiosamente – nel finale de La settima donna – troviamo una suora che si vendica a colpi di pistola dei tre malviventi che hanno seviziato e tenuto sotto assedio per giorni lei e un gruppo di studentesse. In mezzo a tanti titoli, ce ne sono un paio che Ferrara – grande frequentatore onnivoro dei double-bill della 42a Strada – sembra avere visto e interiorizzato visto che, alcuni elementi di Ms. 45 rimandano a loro. Thriller-en grym film (id., 1973) di Bo Arne Vibenius e I spit on your grave (Non violentate Jennifer, 1978) di Meir Zarchi, rispetto al film di Ferrara sono opere sexploitation che bruciano le buone intenzioni di fondo con una messa in scena troppo grezza ed effettistica. Thriller-en grym film di Bo Arne Vibenius (ma il film è firmato con lo pseudonimo di Alex Fridolinski) ha una storia alquanto bizzarra, tanto quanto quella del suo autore.

BO ARNE VIBENIUS: THRILLER – EN GRYM FILM (1972) / BREAKING POINT – PORNOGRAFISK THRILLER (1975)

“Tutto questo sangue, questa violenza, …e io che pensavo che la vostra fosse la generazione dell’amore!” (Last house on the Left)

Nel 1972 il professor universitario Wes Craven e il produttore Sean S. Cunningham portano sugli schermi americani un piccolo film dal titolo: Last House on the left (L’ultima casa a sinistra). I due sono quasi esordienti, hanno alle spalle solo un sexy-educational intitolato Together (id. 1970, interpretato dalla futura pornodiva Marilyn Chambers) ma grazie ai $ 50.000 offerti dalla Hallmark mettono insieme il film che sarà destinato a cambiare per sempre le regole della rappresentazione della violenza.

LAST HOUSE ON THE LEFT, THE - Silver Ferox Design v1

Il film ispirato a La Fontana della Vergine di Ingmar Bergman, racconta la storia di violenze, stupri, umiliazioni e infine l’uccisione, subiti da due ragazze di provincia da parte di un gruppo di evasi feroci e sanguinari. Questi poi casualmente, durante la loro fuga, troveranno rifugio nella casa dei genitori di una delle due ragazze uccise. Qui, in maniera fortuita la madre scoprirà ciò che è successo e, d’accordo col marito, metterà in atto una selvaggia e rabbiosa vendetta. Il film, semplicistico, zoppicante – nella seconda parte davvero inverosimile, tale e tante sono le incredibili circostanze che guidano lo spettatore verso il sanguinoso epilogo – vuole essere nelle intenzioni di Craven e Cunningham una riflessione critica sul nucleo familiare, visto come coacervo di tensioni, violenze e rancori. Se questo obiettivo rimane solo sfiorato, il film ha importanza per come rappresenta in modo crudo ed efferato, e volutamente compiaciuto, la violenza, la rabbia e l’animalità dell’uomo, figlia, come ricorda lo steso Craven delle immagini di morte proventi dalla guerra nel sud-est asiatico.