Saggio in tre parti: La società messa a nudo: l’insostenibile leggerezza dell’intimità e l’impossibilità di rappresentare l’orgasmo secondo la visione di Gerard Damiano.

Gli episodi – da IV a VI… passando per il capolavoro “First Things First”

PART IV: “The Exhibition”

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Una coppia di borghesi di mezza età è seduta dentro una stanza grigia e anonima. L’uomo (Vince Benton) è seduto su una sedia, mentre la donna (Burgandy Grant [Ellyn Grant]) è adagiata su una poltrona. Di fronte a loro, due donne vestite con lingerie fetish (Michelle e Kelly Green) si intrattengono in una performance lesbo-sadomasochista. L’uomo rimane immobile, fuma una sigaretta e osserva tutto con distacco, mentre la donna comincia a toccarsi, stacca una piuma dal suo cappello e si masturba lentamente con essa. Ad un certo punto, dall’alto, scende una gabbia, da cui viene fatto uscire un uomo che indossa borchie e fasce di pelle nera. Viene fatto sdraiare su un tavolo dalle due lesbiche che gli praticano un fellatio, e dopo l’orgasmo si scambiano il suo sperma di bocca in bocca.

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La rappresentazione fetish come spettacolo, il sesso come teatro, l’esibizione dell’estremo come performance artistica e il voyeurismo come stile di vita. “The Exhibition” è tutto questo (forse troppo o forse troppo poco), perchè in questi pochi minuti lineari solo all’apparenza è racchiusa tutta la complessità latente dell’hard di Gerard Damiano. Qui la fellatio, non è centrale come negli altri cinque episodi, ma solo elemento di corredo della rappresentazione pornografica. “Padrone e servo”, mimati dalle due performers, per traslato sono rappresentati dalla coppia borghese uomo e donna che osserva, e per metonimia da tutte le coppie che guardano dall’altra parte dello schermo.
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I comportamenti sono opposti rispetto alle convenzioni: l’uomo (destinatario e fruitore della pornografia), qui è un essere immobile che, in atteggiamento contemplativo, osserva quanto accade davanti a i suoi occhi, privo di qualunque forma di eccitamento; egli non appare interessato, né tanto meno stimolato dalla scena fetish. Viceversa la donna (vittima della pornografia), qui appare disinvolta e sicura di sè: lentamente si abbandona ai sensi, senza né inibizioni, né pudore, ma anzi mostra un interesse morboso per il rapporto saffico, parallelamente alla ricerca di un godimento sempre più intenso (l’uso della piuma). Più la situazione che vede diventa perversa, più il suo eccitamento si acuisce e mostra qualcosa di intimo e inconoscibile (gli insistenti primi piani sul volto “sconvolto” dal piacere).

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Con “The Exhibition”, Gerard Damiano, sfugge ogni convenzione, si concentra sul desiderio femminile e sulla sua deriva, prende coscienza della sua indefinibilità e mostra il mistero del piacere. L’esclusione ontologica del maschio, con il compagno che è presenza statica e taciturna e con l’altro uomo ridotto a puro “oggetto” di piacere, solo membro (poiché anche il volto è coperto), necessario al soddisfacimento del piacere femminile, richiama ad un erotismo inquietante e allarmante, capace di annullare la visione fallocentrica della pornografia.

PART V: “First Things First”

Un padre (Gerard Damiano) raggiunge la figlia nella sua camera, mentre la ragazza è intenta a prepararsi davanti allo specchio. Sally (Samantha Fox), rifiuta l’invito che il padre le fa per uscire e gli confessa di avere una relazione con un uomo. Il padre le pone domande sull’innamoramento, e alle sue risposte titubanti, contrappone il suo fallimento matrimoniale. La donna si spoglia della biancheria intima bianca e indossa una provocante lingerie nera, si trucca e si disegna anche un finto neo sulla guancia, mentre la musica di un carillon infantile fa da sfondo. Sally è a letto con il suo compagno (Paul Thomas) e dopo avergli praticato una fellatio, la ritroviamo nella sua cameretta, mentre indossa un vestito da donna e chiede al padre di chiuderle la lampo sulla schiena. Il padre rinnova la sua richiesta per uscire e la giovane prima accetta, poi, quando l’uomo si allontana, dice che lo farà solo se sarà libera…

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L’espressione idiomatica che dà il titolo all’episodio significa “le cose più importanti si fanno per prime”, mentre il coinvolgimento in prima persona del regista, tradisce un chiaro intento autobiografico. “First Things First” è una piccola perla cinematografica, costruita attorno all’ambiguità dei rapporti familiari e non. Per gran parte chiuso tra le quattro parerti della stanza di Sally, con il quadro nel quadro costituito dallo specchio a tre parti, riflette profondamente sulla “perdita” dei figli da parte dei padri. Quando l’uomo, prima di aver discusso con la figlia, avergli ricordato che si tratta solo del primo amore, ed essersi sentito replicare il suo fallimento, prende il pacchetto di sigarette, ne tira fuori l’ultima e con disappunto lo accartoccia e lo getta via, un gesto, di per sé insignificante, diventa rappresentazione del suo disagio di fronte alla figlia cresciuta (lo zoom che apre la scena mostra, in primo piano, un coniglio di peluches appoggiato al letto della ragazza), e forse, nei confronti di una relazione incestuosa (come viene suggerito).
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Lo scambio di battute è particolarmente significativo se messo in relazione alle immagini; l’uomo è seduto sulla poltrona, mentre la ragazza seduta davanti allo specchio gli dà le spalle; padre: “Il primo amore, sei troppo giovane per fare sul serio. Cosa vuol dire “penso di amarlo”? Tua madre e io non abbiamo dovuto pensarlo, lo sapevamo”; Sally: “Lo sapevate? E allora che è successo? …”; padre: “Ho provato credimi, sai, ho provato, ma alla fine… non avevamo più la stessa opinione, questo è tutto”.

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La relazione padre/figlia è giocata su un doppio registro, da un lato quello dell’ambiguità incestuosa mostrata attraverso ammiccamenti suggeriti o momenti “negati” (come quando la ragazza si sveste e riveste e non si capisce se l’uomo continui ad essere seduto nella stanza), o dallo scambio, crudele, di battute posto dopo la fellatio, in cui la figlia intima al padre di non nominare la madre; e dall’altro quello della genitorialità come strumento di insegnamento, come si evince sia dal desiderio espresso dall’uomo affinchè la ragazza si sposi abbia una casa e dei figli (ma lei si oppone a questo conformismo), sia dal fatto che dopo che il padre ha detto a Sally “First Things First” è lei stessa, poco dopo, a ripeterlo al suo ragazzo prima di iniziare il rapporto orale e in risposta alle domande del giovane se lei abbia o meno parlato al padre della loro relazione.

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Ma l’episodio riflette anche sul fatto che la sessualità in ambito familiare resta un argomento tabù e su come spesso i genitori vivano nella convinzione/desiderio di avere con loro degli eterni bambini (Padre: “Lo so, sei cresciuta, ma sei ancora la mia bambina”). Mentre invece, a letto con il suo ragazzo, prima del rapporto orale è Sally ad affermare: “Ma una cosa è vitale per me…il tuo sesso”, mostrando tutta la distanza che intercorre tra le relazioni sentimentali (di ogni natura), visto che è lei stessa nel finale a ricordare al padre. “E’ un tipo diverso di amore. Nessuno potrebbe mai rimpiazzare te”.

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Il porno esistenzialista di Damiano, in questi 11 min. trova uno dei suoi momenti più intensi e sinceri, corredati da una regia studiata meticolosamente che abilmente gioca con campo e fuori-campo per destabilizzare e interrogare lo spettatore. Il ricorso agli oggetti come elementi simbolici, lo specchio dal cui riflesso il padre è escluso, il carillon, che gira in primo piano, con la bambina nuda, davanti allo specchio nel cui riquadro si riflette il pube villoso della ragazza ormai cresciuta, il pacchetto di sigarette vuoto, l’utilizzo di biancheria intima bianca prima e nera poi, tutto è finalizzato a raccontare attraverso parole e immagini il passaggio da bambina a donna, mentre sullo sfondo si avverte tutto il malessere e il disagio paterni per quella perdita che egli (forse esagerando) reputa irreversibile.

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L’aspetto hard, in “First Things First” è secondario, ridotto a dettaglio della fellatio, breve e quasi sfuggente, mentre è tutto l’aspetto narrativo a trasudare erotismo e a costituire un esempio (forse) irripetibile di cinema pornografico, oltre ad essere testimonianza, folgorante e inattaccabile, del fatto che con Gerard Damiano il cinema hard diventa d’Autore.

PART VI: “The Hooker”

Uno sfaccendato (Bobby Astor [Bobby Astyr]) steso sul letto di una stanza d’albergo, attende l’arrivo di Mary Lou (June Meadows [Heather Young]), contattata tramite un’agenzia. Il cliente si prodiga in uno sproloquio incentrato sul disprezzo generico per le donne, prima di consumare un comico e ridicolo rapporto sessuale.

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Il più debole e il più inutile degli episodi di Gerard Damiano’s People: gretto, anonimo (anche registicamente), privo di spunti, altro non è che la trasposizione elegante di un loop. Damiano, tratteggia due personaggi monodimensionali e macchiettistici e torna i toni da commedia degli esordi (ormai fuori dalle proprie corde come dimostrerà il mediocre Never so deep (Mai così profondo, 1982)), e gira “The Hooker” solo per raggiungere il metraggio necessario alla distribuzione.

Epilogo

Siamo nel 1978, fuori dal periodo d’oro della pornografia narrativa, ma Gerard Damiano’s People è la dimostrazione che questo genere non ha esaurito temi, spunti e cose da dire nel giro di pochi anni. Sono in pochi è vero, Damiano su tutti, i registi che si “ostinano” a raccontare, indagare e scavare nella carne e nell’animo umano, ma i risultati sono sbalorditivi per il tipo di film in questione. Gerard Damiano’s People, ad una vista superficiale, è un film facilmente liquidabile come una serie di “barzellette” slegate tra loro e incentrate sulla rappresentazione della fellatio, ma se ci si addentra nell’aspetto intrinseco di sottotesti della pornografia, ecco che diventa l’opera (forse la più personale del regista) che più di ogni altra riesce a leggere la trasformazione in atto nella società americana nel momento di passaggio dalla “rivoluzione sessuale” (mancata) all’edonismo del corpo (imminente).

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Gerard Damiano’s People è dunque un film di confine che prova (con esiti alterni) ad indagare le dinamiche di coppia tra pubblico e privato, come già il logo del titolo, con un uomo e una donna nudi abbracciati al posto della “L”, sembra suggerire. La costante di rappreesentazioni di vite coniugali insoddisfatte, è il segno evidente del fallimento della tradizione quanto l’immagine che il logoramento della vita di coppia è inevitabile e che, forse, può esssere riscattato solo attraverso pulsioni erotiche disinibite e giocose. Quelle presenti in Gerard Damiano’s People sono vite dolenti, ingrigite e intristite dalla quotidianità, che il regista racconta con un erotismo smisurato e normale, in cui il sesso non è l’elemento principale ma il corollario di una messa in scena dettagliata e curata in modo maniacale volta a rappresentare la bellezza dell’erotismo e a mostrane tutto il potere implicito e universale, come dimostra il momento della vestizione di Sally in “First Things First”.
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Sally è seduta davanti allo specchio, si spazzola i capelli e si disegna un finto neo sul volto. Si toglie il reggiseno bianco, si alza e si guarda allo specchio (dettaglio del seno). Di spalle si toglie le mutandine bianche, poi esce di campo e ritorna con la biancheria intima nera che appoggia sul tavolino. Si allaccia il nuovo reggiseno e lo sistema con cura (ripresa in dettaglio). Dettaglio in profondità di campo) del pube riflesso nello specchio mentre Sally si allaccia alla vita il reggicalze, in primo piano gira la bambolina del carillon. Sally infila prima la calza sinistra e poi la destra (movimento di macchina a seguire dal piede alla coscia), poi le fissa al reggicalze. Si mouve verso sinistra, indossa una vestaglia trasparente e si guarda nello specchio, mentre la stoffa della vestaglia sfuma in dissolvenza in nero.

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“L’erotismo non è una moda, è una componente essenziale della nostra vita, ecco perché è sempre attuale e interessa chiunque, in qualunque parte del mondo”.

(Gerad Damiano in Diva Blue op. cit.)

 di Fabrizio Fogliato

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