“Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” (6)

Intervista a Pietro Cavara – 03 Maggio 2014

 

  • – Dopo tanto tempo, finalmente un libro su Paolo Cavara. Che cosa ne pensi?

È qualcosa che mi riempie di gioia. Sono sempre stato un ferreo sostenitore del suo cinema, ho combattuto e combatterò strenuamente per difendere la memoria dell’artista e delle sue opere, in questo mondo superficiale dove ogni cosa viene rapidamente sepolta dal corso degli eventi. Non è solo una questione di affetti, c’è anche di mezzo il senso di quello che mio padre ha espresso e che rivela spesso la sua grande personalità e la sua visione del mondo che io trovo affascinante perché affronta con stile ed eleganza tematiche di vita e di rapporti umani attualissimi, chiamando spesso in causa la sensibilità dello spettatore. Un’operazione editoriale come questa è uno schiaffo a coloro che hanno cercato in tutti questi anni in questo paese di occultare mediaticamente l’uomo e il suo cinema e che ancora oggi immagino in azione. Ma ne sono convinto: di schiaffi ce ne saranno altri.

Leggi l’intervista integrale e scopri la copertina del libro

 

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Pietro Cavara – figlio di Paolo Cavara

 

  • – Sei soddisfatto del risultato finale?

Direi che si tratta di un risultato davvero apprezzabile. L’impresa era tutt’altro che semplice, in quanto il cinema di mio padre presenta diverse chiavi di lettura non tutte facili e armonizzabili. E di percorsi critici infatti ne emergono nel libro; non si tratta mai di considerazioni anodine ma di esplorazioni condotte a mio avviso con pertinenza. Nella prefazione ho cercato di mettere in evidenza quello che a me pare possa dirsi un tratto in comune (non è l’unico peraltro) tra la mia visione delle cose e la tua: si tratta del modo in cui mio padre osserva il mondo, della sua preoccupazione per l’essenza dell’animo umano e della volontà di rappresentarlo attraverso la finzione, con tutte le conseguenze ed equivocità che ciò comporta.

 

  • – Per me è stato un grande piacere avere l’onore di poter scrivere la prefazione al tuo memoir su Paolo Cavara che andrà in pubblicazione a breve con il titolo “Ricordo di un padre”. Puoi dirmi qualcosa sul libro?

La prima edizione per Cinemasessanta risale al 2002. Oggi riappare integralmente per Aracne. Ho apportato naturalmente qualche modifica. Ho anche provato a scrivere qualcosa di nuovo da integrare ma non mi è riuscito. Quando mi apprestai all’epoca provai una fortissima emozione, qualcosa di irripetibile; cercavo di far emergere la spiritualità intensa, l’umanità inesauribile dell’uomo che è stato mio padre, rivivendo gli istanti di vita preziosi passati con lui, traducendo in parole il grande dolore per la sua assenza. E ho mischiato la sua storia col suo cinema perché mi continuano ad apparire almeno per una buona parte indissociabili. L’eccezionalità da me vissuta all’epoca della prima stesura andava preservata. Riscrivere per intero o aggiungere cose nuove avrebbe voluto significare profanare. È che oggi ho acquisito una maggiore freddezza, anche se riesco ancora a commuovermi ripensando a quelle pagine. Credo di avervi colto molto del suo animo e della sua personalità.

 

  • – Che cosa vuoi dire su tuo padre a chi non lo conosce e non conosce la sua opera?

Gli chiederei di immergersi nella visione dei suoi film lasciandosi guidare senza troppi preconcetti, cominciando dai documentari per approdare ai lavori televisivi. Spesso ciò che non ci convince non è un difetto dell’opera, ma una nostra incapacità a comprenderla. Gli consiglierei la lettura di Conrad, Melville… di pensare ai viaggi “nascosti” reali o immaginari in terre lontane, di sopprimere ogni “pesantezza” critico-accademica-neorealista, di dar spazio all’ironia e all’autoironia, di pensare alla vita come teatro, e al cinema in veste di spettatore “in prova”. Gli consiglierei di non confondere la semplicità (grande conquista) con il semplicismo, di osservare le sue fotografie, di studiare l’opera attraverso le caratteristiche fisiognomiche del suo autore, di pensare al suo cinema non semplicemente come prodotto di un’epoca di transizione. E naturalmente… di leggere questi libri.

 

  • – 3 buoni motivi per comprare il libro “Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo”?

Per primo il libro offre una visione interpretativa a largo raggio del suo cinema non allentando l’attenzione sulle opere forse apparentemente meno significative, più commerciali, ma non meno valide o curiose. Il tutto con un occhio critico che “spoglia” l’opera per radiografarla. Per secondo l’apparato delle fonti: è notevole, compresa la parte fotografica e lo spazio dedicato ai lavori non realizzati. E poi poter far pubblicare il soggetto integrale di Mondo cane o le scene non realizzate per I malamondo, ritengo sia qualcosa di inedito e di importante. In terzo luogo perché il cinema di mio padre respira di una sua fervida autonomia rispetto alle consuetudini del cinema d’autore e di quello di genere, come tu stesso hai messo in evidenza. Assai spesso non rispetta gli stereotipi, va contro il routiniero buon senso. Dire che si tratta semplicemente di opere “personali” è limitativo, sono parti di “mondo” da esplorare.

 

Ecco la copertina del libro “Paolo Cavara – Gli occhi che raccontano il mondo” – Edizioni Il Foglio Letterario.

http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Cinema_Cavara.htm

A Giugno in libreria.

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di Fabrizio Fogliato

 

 

 

 

2 Commenti

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