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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

Su Amazon.it – Sezione Cinema e Televisione

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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri (prefazione di Davide Pulici)

Rassegna Stampa – Aprile-Maggio 2015

Il grande successo che sta riscuotendo (uscito a fine aprile e già in ristampa) “Italia: ultimo atto. L’altro cinema italiano  – Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri”, è confermato dalle prime segnalazioni sul web, dagli attestati di validità e di preziosità del progetto da parte di prestigiose riviste di settore, nonché dalle numerose richieste di interviste all’autore.

Ecco qui un primo assaggio

ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri – (Prefazione di Davide Pulici)

DA APRILE IN TUTTE LE LIBRERIE… REALI e VIRTUALI

Il “cittadino-medio”, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore” è qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati.

Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”.

E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.

Guarda la terza e ultima parte dell’indice

ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol. 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri – (Prefazione di Davide Pulici)

DA APRILE IN TUTTE LE LIBRERIE… REALI e VIRTUALI

Il “cittadino-medio”, quello che nel corso della storia italiana, diventa “spettatore” è qui identificato come guida. Il Virgilio di un “viaggio infernale” tra i serpenti di celluloide di un cinema e di una storia mai raccontati.

Documenti inediti, interviste e testimonianze di una “contro-storia” del Cinema Italiano. Un cinema italiano, nascosto, rimosso, sottaciuto e bandito che diventa cartina di tornasole del “Paese reale”.

E per la prima volta l’analisi completa della figura e del cinema di Massimo Pirri.

Guarda la seconda parte dell’indice

I GIORNI CONTATI di Elio Petri (1962)

L’insostenibile solitudine dell’uomo nella città.

 

I titoli di testa scorrono sul susseguirsi delle incisioni di Lorenzo Vespignani: immagini in bianco e nero, sporcate da un disordine creativo, annunciano solitudine, malinconia e vecchiaia. Il film si apre con un lento carrello all’indietro che mostra uomini e donne seduti, o in piedi, all’interno di un tram che scorre monotono sui binari della città. Il movimento si ferma ad inquadrare di spalle un uomo con una camicia scura attraversata dal bianco delle bretellle: un cittadino come tanti, umile e riservato, che durante il viaggio quotidiano che lo riaccompagna a casa ripensa al lavoro e, forse, guardando fuori dal finestrino sogna e spera in un futuro migliore; o forse vede semplicemente le vite degli altri scorrere davanti ai suoi occhi, e magari si interroga su come sono organizzate quelle esistenze sconosciute e “normali”. Egli è ignaro del fatto che la morte è lì accanto a lui, silenziosa, mimetizzata, nascosta nella moltitudine degli esseri umani; è lì di fianco anch’essa mascherata dalla quotidianità e dalla frenesia della metropoli. La morte è già lì, serve solo che un controllore salga sul tram per verificare la timbratura dei biglietti e per, con sorpresa e sgomento, rivelarla agli occhi di tutti. Quell’uomo in piedi, che vede la morte di uno sconosciuto accanto a lui, vi associa il pensiero, quasi l’ossessione, della (sua) paura della morte, e “vedendola” ne rimane traumatizzato.

L’ASSASSINO di Elio Petri (1961)

L’istruttoria è chiusa…. dimentichi… se può…

Elio Petri, prima di esordire alla regia lavora a lungo come soggettista e sceneggiatore (suoi sono I Mostri (1963) di Dino Risi, che avrebbe anche dovuto dirigere, L’impiegato (1960) di Gianni Puccini e Alta infedeltà (1964) di cui dirige l’episodio “Peccato nel pomeriggio”, oltre all’esordio (non accreditato) in Roma ore 11 (1952) di Pasqualino de Santis). Al suo debutto da regista “autodidatta” egli instilla nella sua opera, uno stile inconfondibile, al tempo stesso audace e ragionato, e impone un efficacia drammatica alla storia e una padronanza del mezzo tecnico e della messa in scena senza eguali nel cinema precedente (solo Luchino Visconti ha la stessa perizia tecnico-stilistica e lo stesso carisma “autoriale”). Il tutto al servizio di un cinema che è proiettato nel futuro, avanti di vent’anni rispetto al momento in cui viene prodotto con al centro una serie di tematiche eterogenee e contingenti in grado di rendere ogni suo film universale e senza tempo.