Una famiglia… allo specchio…

 

Revolutionary Road è un film ben scritto anche per l’attenzione posta nei dettagli, come dimostra in questo caso il fatto che April non si accorga che Elen le dice “Sembravate” utilizzando un verbo di pura apparenza e pertanto nascondendo alla giovane donna la cruda verità: nella vita dei Wheeler e nel loro modo di fare non c’è niente di speciale, ma solo il più apatico conformismo. Non a caso i loro amici Milly e Shep si rendono subito conto di quanto sia ridicola la volontà di trasferirsi a Parigi. Anche loro evitano accuratamente di dirglielo, sottolineando con malcelato perbenismo, quanto siano contenti di questa scelta. Anche Milly e Shep non sono esenti dalla paura della solitudine e dell’abbandono, la loro prima preoccupazione è quella di perdere gli amici di sempre. Ma nella relazione di questa coppia c’ è un punto decisamente sconvolgente: il fatto che loro due e i figli siano già entità singole e separate. Non a caso i figli sono come “ipnotizzati” davanti alla televisione e non ascoltano neanche i richiami del padre, e la stessa Milly, prima di andare a letto scoppia in lacrime quando Shep le fa presente di quanto sia stupida la scelta di andare a Parigi. Nella fragilità di Milly c’è tutta la fragilità della donna degli anni ’50, supinamente appiattita sulle posizioni e sulle idee del marito, al punto che trovare da parte di Milly una comunione di idee sulla assurdità della scelta di Frank ed April, risulta per lei momento essenziale (al punto di commuoversi) della sua relazione con il marito.

La realtà esplode con conseguenze (in)immaginabili nel confronto tra marito e moglie, quando senza mezzi termini è la stessa April a squarciare il velo di ipocrisia dietro a cui (anche lei) fino ad ora è rimasta opportunamente nascosta e a “vomitare” in faccia al marito tutta la sua disillusione e frustrazione: “E vuoi sapere la parte peggiore? La nostra intera esistenza qui è basata sulla grande premessa che noi siamo… speciali, superiori a tutto il resto… ma non lo siamo, siamo tali e quali agli altri. Guarda, abbimo accettato la stessa ridicola illusione, l’idea che uno deve ritirasi a vita e sistemarsi nel momento in cui ha dei figli… e ci stiamo punendo a vicenda per questo”. Sam Mendes è abile nel tradurre il disappunto di April in una sorta di rivalsa nei confronti del marito, ma è ancor più abile nel trasformare lo sfogo della donna, non nell’avvio della “librerazione” bensì nell’inizio dell’autodistruzione. E’ un momento cruciale questo, quello che dà il via alla seconda parte di Revolutionary Road, in cui la situazione precipita irreversibilmente e in cui, ancora una volta, sarà colui che conformista non lo è per natura (il malato di mente) a mettere sul piatto i pesi di una esistenza fasulla e vigliacca: April e Frank non reggeranno il peso, la loro relazione collasserà e (come scelta più semplice e definitiva) si abbandoneranno alla tragedia.

Nella sequenza che mostra il primo incontro tra John e i coniugi Wheeler, Sam Mendes orchestra una serie di cambi narrativi finalizzati a mostrare lo stato confusionale di cui è prigioniera la coppia. Se al primo impatto, April non esita ad “esaltare” la condizione di malato di mente di John dicendo: “Se essere pazzi significa vivere la vita nella sua pienezza, non mi interessa se siamo fuori di testa…”, in un secondo momento è lei stessa a confessare a John il vuoto esistenziale di cui è prigioniera. Il ragazzo, che da questo momento in poi svolge nel film il ruolo di “grillo parlante”, cioè di colui che dall’esterno riesce a vedere meglio le cose e più in profondità, certifica con una sua breve e secca affermazione, il fatto che la donna è consapevole della sua situazione esistenziale, ma al contempo è incapace di uscire, nei fatti, dalla trappola in cui è rinchiusa. Riferendosi, infatti, a quanto confessatogli in precedenza dalla donna, John afferma: “Ora l’ha detto. Molte persone sono consapevoli del vuoto, ma ci vuole un gran fegato per vedere la disperazione”.

Nel momento in cui Frank viene reclutato dalla Knox per vendere porta a porta il nuovo calcolatore elettronico, tacitamente decide di rimanere lì dov’è. Non ha il coraggio di confessarlo alla moglie, perché ha paura, che venga meno la sua immagine di uomo anticonformista e libero; aiuta la donna, a preparare i bagagli, e a organizzare le casse per il trasloco imminente. Mendes, con grande intuizione, mette in parallelo lo “smontaggio” della casa, con quello familiare in atto: man mano che le casse si accumulano, che i mobili vengono scomposti, che le pareti si svuotano e che i bagagli si accumulano sul pavimento, con le stesse dinamiche l’unità familiare dei Wheeler si fraziona e frammenta in tante piccole parti: accumuli si situazioni frustranti, di menzogne e di false promesse, che sfociano nel violento diverbio tra Aprile e Frank nel momento in cui l’uomo, casualmente, trova la pompetta per operare un aborto casalingo. Prima April a rinfacciare al marito il suo conformismo dicendogli: “L’unico motivo per cui siamo venuti qui è perchè io ero rimasta in cinta. Poi abbiamo avuto un altro figlio per provare che il primo non era stato uno sbaglio… insomma… per quanto deve continuare”, poi la donna prosegue, parlando della sua gravidanza attuale e di quanto questa possa essere una discriminante nella scelta di partire per Parigi: “Dimmi la verità Frank… te lo ricordi? Era la nostra regola di base”. Frank, incalzato e punto sul vivo, replica rabbioso, non rispondendo alla donna nel merito delle sue affermazioni, ma rinfacciandogli la sua “follia” di praticarsi un aborto domestico: “April, una normale donna, una normalmente in sé madre, non acquista un pezzo di tubo di gomma per procurarsi un aborto e poter vivere una specie di stramaledetta fantasia”.

Quella che appare una formazione logica e piena di buon senso da parte di Frank, in realtà, nella dinamica narrativa, diventa una scusa auto-assolutoria da parte dell’uomo per la sua incapacità di seguire fino in fondo il disegno “sognato” di vita coniugale. Frank, come la coppia di amici Milly e Shape, mira alla ricomposizione del quadro ordinario fatto di una quotidianità piatta e prevedibile e di amicizie sempiterne all’interno delle quali poter apparire (senza esserlo) anticonformista. Non è casuale infatti, che nel locale in cui si ritrovano le due coppie, si respiri tra di loro un’aria familiare, una necessità di stare assieme perché questa permette di poter recitare da entrambi i lati parti contrapposte. E se April, successivamente si concede alle avance sessuali di Shep, lo fa solo ed esclusivamente per sentirsi “diva”, nella convinzione che il tradimento possa rappresentare uno scarto di vitalità all’interno della sua vita coniugale. Non c’è né rivalsa, né cattiveria nei confronti del marito, ma è puramente una scelta egoistica e necessaria. Di quanto fragile e velleitario sia il rapporto coniugale dei Wheeler, è sempre, Johnny a darne lettura.

L’incontro in casa Wheeler in compagnia dei genitori, è oltremodo rivelatore, e nella sua fissità assume i caratteri di un atto unico della tragedia che si sta materializzando. Sam Mendes, ricorre alla sua scena “simbolo”, quella della famiglia seduta a tavola, inquadrata in campo medio e simmetricamente inserita nello spazio, per mettere in scena (nel senso teatrale del termine) il conflitto familiare sinora rimasto sotterraneo (per convenienza) e sottaciuto (per opportunità). Quello di Jonny è un monologo crudele e spietato, ma che solo attraverso la durezza del suo contenuto riesce a dare lettura credibile dell’incomunicabilità tra Aprile e Frank, e allo stesso tempo, con la sua chiosa, è necessario e dovuto preambolo al sacrificio dell’innocente, che la donna, nella solitudine della sua casa, compirà da lì a poco. Jonny rivolgendosi ad April: “Va bene, va bene, è una questione di denaro, il denaro è una buona ragione ma non è quasi mai la vera ragione. Quale è la vera ragione? Moglie che ha fatto rinunciare o che altro? La donnettina ha deciso che non è pronta a smettere di giocare alla casetta. No, no… non è questo, ne sono certo, lei è troppo forte”. Jonny gira lo sguardo verso Frank e riprende le sue parole precedenti a proposito del vuoto e attacca: “Cos’è accaduto Frank? Ha deciso che stava meglio qui… dopo tutto, ha pensato che è più comodo qui nel vecchio vuoto disperato…ho fatto centro! Sapete una cosa? Non sarei affatto sorpreso che lui l’ha infornata apposto per trascorrere il resto della sua vita a nascondersi dietro a un abito pre-maman così non dovrà mai scoprire di che razza di stoffa è fatto veramente”. A questo punto la reazione di Frank è violenta e veemente, al punto che i genitori tentano in tutti i modi di allontanare Jonny, ma una volta fermatosi sulla porta, prima di uscire si rivolge ad April e anche a Frank parlando direttamente con la donna e dicendole: “Forse vi meritate l’un l’altra… sa che le dico Ape, sono contento per una cosa… vuole sapere qual è questa cosa? (indicando la pancia di April) sono contento di non essere quel bambino”.

L’aridità in cui sono sprofondati i Wheeler, non può lasciare che spazio all’abbandono prima e alla morte poi: il sacrificio dell’innocente, cioè il peccato per antonomasia da Erode in poi, diventa ancor più grave e inaudito perché compiuto dalla stessa madre nell’intimità del suo spazio vitale. Non è da escludere, che questa scelta estrema, ma messa in atto con una meticolosità e tranquillità che sconvolge, sia dettata dal fatto che ella stessa voglia autopunirsi senza lasciare nel mondo ulteriore traccia del suo passaggio. L’impassibilità, con cui la donna, terminata l’operazione guarda fuori dalla finestra, mentre il sangue le scende tra le gambe e le macchia la vestaglia per poi imbrattare il tappeto candido che lei ha sotto i piedi, dà la sensazione di una scelta consapevole che prevede, anche la sua stessa morte. April muore, e Frank si ritrova seduto su una panchina a osservare gli altri figli giocare sull’altalena, il campo mostra il suo sguardo assente e pietrificato, e il controcampo rappresenta quei bambini come la parte concreta di un sogno mancato, l’unica vera illusione che avrebbe avuto motivo di essere ma che non è stato.

La società americana, divisa tra egoismo e conformismo, esce traumatizzata dagli anni ’50 e mostra le crepe più profonde nel suo nucleo sociale fondante. Che il problema che sta alla base della Revolutionary Road – e che l’ha tramutata in una strada a fondo cieco – sia racchiuso nella famiglia è dimostrato anche dal beffardo e ironico finale, in cui il marito di Ellen, per non sentire il suo continuo ciacolare, abbassa l’audio dell’apparecchio acustico e nel silenzio ritrova un debole sorriso.

di Fabrizio Fogliato

REVOLUTIONARY ROAD
TITOLO ORIGINALE: REVOLUTIONARY ROAD
GENERE: Drammatico
ANNO: 2008
PAESE: GB, USA
DURATA: 119 Min
REGIA: Sam Mendes
SCENEGGIATURA: Justin Haythe
FOTOGRAFIA: Roger Deakins
MONTAGGIO: Tariq Anwar
MUSICHE: Thomas Newman
PRODUZIONE: BBC Films, Evamere Entertainment, Neal Street Productions,
ATTORI: Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Kathy Bates, Michael Shannon, Ryan Simpkins, Ty Simpkins, David Harbour, Zoe Kazan, Adam Mucci

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