Categoria

Saggi Critici

Categoria

LAST DAYS [2005] di Gus Van Sant

L’opera di Gus Van Sant non racconta, osserva il lento e inesorabile estinguersi di un “uomo qualunque”.

8 Aprile 1994, il cantante dei Nirvana , Kurt Cobain, si uccide con un colpo di fucile in bocca, nella villa al 171 di Lake Washington, a Seattle. Ha 27 anni. Last Days è il film con cui il regista Gus Van Sant chiude la sua trilogia sulla morte, iniziata nel 2002 con Gerry (inedito in Italia) e proseguita nel 2003 con Elephant.

DELIVERANCE [Un tranquillo weekend di paura, 1972] di John Boorman

Deliverance è un funerale tribale, in cui il fiume rappresenta la via che conduce agli inferi.

Ciò che colpì più di ogni altra cosa l’immaginazione del dottor Sanders, quando guardò per la prima volta verso la grande distesa dell’estuario del Matarre, fu l’oscurità del fiume. Dopo molti ritardi, il piccolo battello passeggeri si stava finalmente avvicinando alla fila delle banchine, ma sebbene fossero le dieci, la superficie dell’acqua era ancora grigia e indolente, e filtrava le tinte cupe della vegetazione che ricadeva folta e inerte lungo le sponde del fiume. A intervalli, quando il cielo era coperto, l’acqua era quasi nera, come una tintura putrescente. Per contrasto, la distesa disordinata di magazzini, depositi e alberghetti che costituivano Port Matarre riluceva tra quelle masse scure con una brillantezza spettrale, come se fosse illuminata più da qualche fonte interiore che dalla luce solare simile al padiglione di una necropoli abbandonata, edificata su una teoria di moli scaturiti dalla giungla.(da Foresta di cristallo di James Graham Ballard).

GENOVA A MANO ARMATA (1976) di Mario Lanfranchi

Le convergenze del verosimile: la contraddizione architettonica tra il barocco degli ambienti borghesi e la scalcinata modernità dei fatiscenti edifici di periferia.

Il cinema inventa la città: ne prende diversi pezzi, li rimescola e li ripropone in forma filmica; manipola la metropoli ingurgitando strade, edifici, piazze, monumenti, masse, cittadini, abitudini e deiettando un assetto urbanistico che stravolge piani regolatori e articola viabilità impossibili che ignorano la segnaletica orizzontale e verticale.

IL DELITTO MATTEOTTI [1973] di Florestano Vancini

UN TRANQUILLO POMERIGGIO DI VIOLENZA FASCISTA: IL DELITTO MATTEOTTI

Il delitto Matteotti è crimine barbaro, osceno, spregevole; rappresenta un punto nodale della storia italiana nella scissione netta tra due emicicli culturali responsabili entrambi: fascisti mandanti ed esecutori; antifascisti pavidi, divisi oppositori. L’opera di Florestano Vancini, (l’unica a occuparsi della questione) presenta il delitto Matteotti come il risultato di un concorso di colpa.

PROFONDO ROSSO (1975) di Dario Argento

Antropologia di una nazione: un dialogo politico con la società italiana

Perché a distanza di cinquant’anni “Profondo rosso” (1975) di Dario Argento continua a turbare e a suscitare interesse? Perché scrivere ancora su un film su cui è già stato detto tutto e il contrario di tutto? Perché parlare di un film che oggi (ancor più di ieri) è esperienza acusmatica incisa nelle note immortali dei Goblin? Certo per celebrarlo, ma anche perché, in realtà, c’è ancora molto da scoprire e da dire.

TODO MODO (1976) di Elio Petri – Parte seconda

Aldo Moro: “Todo modo è opera ignobile ma inevitabile”. 

In Todo modo il fattore unheimlich non si esaurisce nella temporaneità dell’assunto narrativo, ma si incunea nella familiarità del quotidiano per pervertire tutto ciò che è, apparentemente, innocuo. “Il Presidente” – sintesi del potere democristiano – nevrotizza il desiderio che incarna: le pulsioni, le patologie inespresse e frustrate di un intero corpus dirigente (non solo quello politico).

TODO MODO (1976) di Elio Petri – Parte prima

Il film di Petri prefigura la morte di Aldo Moro, il quale paga di persona – proprio come accadrà nella Storia – per le colpe di un intero sistema politico.

Aldo Moro è – tra le altre cose – un uomo politico la cui vita tra il 1974 e il 1976 è matrice per la sua futura dimensione cinematografica. Le premesse sono: il fallimento dell’esperienza governativa di centro-destra DC-PLI (Partito Liberale Italiano) a guida Giulio Andreotti che riporta sulla scena (per la quinta e ultima volta) il leader democristiano all’alba del 1973; la sconfitta del “sì” nel referendum sul divorzio del 12-13 maggio 1974 e la débâcle del centro-destra alle regionali del 15-16 giugno 1975 (DC: 35%; PCI: 33%; l’intera area di sinistra al 46%), per cui Moro viene richiamato d’urgenza nell’agone politico per affrontare le “temibili” politiche del 1976 (con lo spauracchio del sorpasso a sinistra).

MALEDETTI VI AMERÒ (1980) di Marco Tullio Giordana

“Svitol” è il paradigma di una generazione senza più padri (li ha uccisi) alla disperata ricerca di essi.

Gli anni Ottanta sono quelli in cui il cinema si interroga – a ridosso della lotta armata – su un fenomeno il cui crollo risulta tanto verticale quanto drammatico per gli strascichi che lascia nei suoi “addetti” e in coloro che, in un modo o nell’altro, si sono sentiti parte di una “grande rivoluzione” mancata. Il poeta Mario Luzi ‒ nella raccolta del 1979 Al fuoco della controversia ‒ scrive:

Muore ignominiosamente la repubblica. Ignominiosamente la spiano i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti.

Nello stesso anno Francesco De Gregori in Viva l’Italia replica:

Viva l’Italia, presa a tradimento, l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento […] l’Italia nuda come sempre, l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste.

BLANCHE (1971) di Walerian Borowczyk

Il primo passo di Borowczyk verso la rappresentazione autorale delle “dinamiche dello sguardo”

Siamo nel Medioevo francese, verso il 1200, in un castello abitato da un vassallo del Re (Michel Simon), dalla sua giovane moglie Blanche (Ligia Branice), e da Nicolas, figlio di primo letto del barone. Senza che il vecchio lo sospetti, madre e figliastro si amano teneramente, ma senza nemmeno il coraggio di dirselo giacché Blanche è fedelissima al suo signore e Nicolas devotissimo al padre. Arriva in visita il Re, col suo paggio soave Bartolomeo che ha fama di rubacuori, e scoppia la tempesta. Perché sia l’uno sia l’altro tentano di sedurre l’inespugnabile castellana, il paggio viene murato vivo, Nicolas per salvare l’onore dell’amata innocente si fa uccidere in duello, la donna si avvelena, Bartolomeo salvato in extremis viene straziato per vendetta, e il vecchio si pugnala.