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L’altro cinema italiano

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ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri (prefazione di Davide Pulici)

Rassegna Stampa – Febbraio 2016

Italia: Ultimo Atto. L’altro cinema italiano per quanto ci riguarda, è uno dei testi più importanti pubblicati lo scorso anno in Italia.

Lo è soprattutto per la sua trasversalità e la sua capacità di mettere in ordine il caos che permea una storia del cinema italiano che in pochi conoscono e che in molti giudicano (a torto) non degna di interesse”. (MEDIACRITICA.IT)

TOP SENSATION (1969) di Ottavio Alessi

In ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Il mare in Top sensation è un non-luogo, uno spazio aperto, immenso, privo di confini necessario per definire uno sguardo “pornografico” sulla vicenda: non tanto per il cospicuo materiale erotico presente nel film , quanto per impedire allo spettatore di volgere lo sguardo altrove di cercare una via di fuga impossibile – così come è negata ai personaggi della vicenda. Quello che sopravvive, prima di tutto a se stesso, sullo yacht è un coacervo di vipere tenuto assieme dal vizio e dall’avidità che, con il suo comportamento, persuade e contamina i due contadini dell’isola che gìà di per se non sono esenti da colpe. Ecco dunque materializzarsi quella “regola del gioco” che lega ricchi e poveri (senza distinzione di classe) attorno alla cupidigia e alla lussuria, in cui emergono gli aspetti più crudeli (attraverso il dialogo) delle differenze di classe e in cui la violenza e il cinismo sono armi spuntate messe in mano a fantasmi della società.

L’AMORE POVERO [I PIACERI PROIBITI- 1963] di Raffaele Andreassi

In ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Raffaele Andreassi con L’amore povero evita, indulgenza, retorica e compiacimento – ma anche ipocrisia e moralismo – restituendo allo spettatore tutto lo squallore e l’umanità di un microcosmo – paradigma che abbraccia tutte le classi sociali e che non fa distinzione né di censo né di ruolo. Nel film, interpretato ma sarebbe meglio dire vissuto da “professioniste,” si avverte nel loro agire, nelle loro espressioni e nel loro relazionarsi al “cliente” tutta la tensione recitativa di un’intensa sensibilità nel ricoprire il ruolo di immagine (cioè di donna ideale e temporanea). Colpisce l’affidarsi del film ad immagini che altro non sono che fatti raccontati attraverso la frammentarietà del reale (con grande anticipo sui tempi Andreassi è consapevole che la realtà non è riproducibile nella sua totalità), in cui le parole scompaiono, i dialoghi sono laconici e frettolosi, mentre invece le immagini, puntando sulla verosimiglianza, restituiscono tutta l’amarezza, il dolore (e il ridicolo)  delle situazioni mostrate espellendo, ontologicamente, qualsivoglia aspetto erotico e/o pruriginoso.

VERGOGNA SCHIFOSI! (1969) di Mauro Severino

In ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Ci sono film prodotti e realizzati nel biennio 1968-69, il cui valore intrinseco travalica il semplice contenuto artistico. Film d’autore nel senso più assoluto, quello cioè di film personali o di film della vita, opera unica e omnia di un regista che attraverso quel film vuole dire tutto e subito, con una forza e un impulso primordiali talmente feroci da esaurire in un’unica pellicola tutta l’ispirazione e da rendere impossibile, successivamente, il ripetersi di un’ operazione simile. C’è nell’aria una frenesia, una voglia di raccontare, raccontarsi, sondare la società in cui si vive sostenuta da una passione e da dinamiche impossibili a ripetersi. Il tutto in un contesto totalmente privo di vincoli, di freni inibitori, di qualsivoglia spauracchio censorio – al punto che molte pellicole sono attraversate da una tensione morale e da un crudeltà talmente spietate da risultare estreme senza esserlo. A questa schiera di film appartiene sicuramente Vergogna schifosi!… di Mauro Severino che già dal titolo denuncia la sua vocazione asimmetrica, violenta e selvaggia.

FLASHBACK (1968) di Raffaele Andreassi

In ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri

 

Presentato al Festival di Cannes del 1969, l’unico lungometraggio di finzione di Raffaele Andreassi, riporta indietro l’orologio della Storia e – attraverso una rievocazione biografica del nemico – mette in scena un rapporto dialettico tra la solitudine di colui che è ostile con l’iperrealismo di un mondo magico e meraviglioso costituito da una natura lussureggiante. Il nemico si trova, improvvisamente, a fare memoria della guerra per potersi confrontare con un’inaspettata – e pertanto destabilizzante – condizione di pace. Si trova a vivere il paradosso della fine del conflitto e a trovare la morte proprio nel momento in cui tutto sembra essere sul punto di ritrovare il suo equilibrio. Proprio perché nemico, però, è esattamente in quel momento che egli diventa più vulnerabile, indifeso nonché impreparato ad affrontare la nuova dimensione pacificata, deprivato della moltitudine dei suoi camerati  – che siano divisione o pattuglia poco importa, quel che conta è che ora il “nemico” è solo e fragile.

DELITTO AL CIRCOLO DEL TENNIS (1969) di Franco Rossetti

In ITALIA: ULTIMO ATTO – L’ALTRO CINEMA ITALIANO. Vol 1 – Da Alessandro Blasetti a Massimo Pirri di Fabrizio Fogliato

Il film di Franco Rossetti, prende il titolo e l’ispirazione di base (nulla di più) dal racconto omonimo di Alberto Moravia scritto nel 1927. Narrazione breve e giovanile in cui si prende in considerazione il delitto gratuito come un rito d’élite. Una sorta di gioco perverso e casuale in cui la vittima di turno è una poveraccia divenuta zimbello e oggetto nella mani di un gruppo di borghesi annoiati e in cerca di emozioni forti. Il Delitto al circolo del tennis di celluloide, invece, non mette al centro nemmeno il delitto ma solo la sua rappresentazione (seppur gratuita) utilizzata, apparentemente, come arma di lotta di classe – in realtà come strumento di vendetta personale e familiare all’interno di un conflitto irrisolto tra padre e figlia.

EVA BRAUN (2015) di Simone Scafidi

LA PORTIERA DELLA NOTTE

C’era una volta un paese che si faceva chiamare il “paese più bello del mondo”, perché era ricco di cultura, di storia e di… potere. C’era una volta un paese in cui le persone diventavano oggetti, in cui la “cosificazione” dei giovani veniva sollecitata, mentre il delirio di onnipotenza “rancoroso e violento” veniva esercitato dal potere dispensando “amore e generosità”.

Eva Braun si ispira ai recenti scandali sessuali e politici italiani, declinati attraverso la lente del Sadiano ‘Le 120 giornate di Sodoma’. Questo mix dà vita ad un grottesco viaggio attraverso il Potere, il sesso e la disponibilità dei protagonisti di fare qualsiasi cosa pur di raggiungere il successo. Pier è il simulacro di quel tipo di potere tentacolare che esiste nell’Italia attuale. Elegante, ironico e ben educato, ha un bizzarro istinto sessuale che viene soddisfatto dalla sua mistress, Romy, la quale recluta persone, uomini e donne (musicisti, filmmaker, scrittori e imprenditori) che accettano di soddisfare le sue strambe fantasie pur di ottenere il suo aiuto per raggiungere ciò che desiderano Come nel Decameron, un gruppo di persone dentro una casa, mette in gioco il proprio orgoglio con il sesso e la sete di potere.