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FORCED ENTRY (1971) di Shaun Costello – Prima parte

Tutto questo sangue, questa violenza…e io che pensavo che la vostra fosse la generazione dell’amore!”

 

Negli anni ’70 il cinema hard-core ha rappresentato al meglio le istanze oltranziste e “sovversive” delle politiche libertarie, in connessione con i cambiamenti sociali. Nella maggior parte dei casi lo ha ha fatto, non assecondando i gusti dello spettatore, ma, paradossalmente, attaccandolo direttamente e frontalmente, proponendo una visione per nulla conciliante (e tanto meno edulcorata) del rapporto/conflitto tra i sessi. Nelle sue forme più autoriali (Gerard Damiano, Mitchell Bros, Alex De Renzy), come in quelle più rozze e istintive (Shaun Costello, Armand Weston, Anthony Spinelli), il cinema pornografico americano è riuscito a sviscerare come non mai, con crudezza e realismo, le dinamiche uomo-donna, evidenziando tanto l’ipocrisia del maschio dominatore, quanto l’illusione della donna emancipata. Sia nella forma che nei contenuti il cinema a tripla “X” della “golden age of adults movies” ha condensato in immagini le istanze e le rivendicazioni politico-sociali di un’epoca, traducendole programmaticamente in un vero e proprio assalto allo spettatore, e riversandogli addosso le sue nevrosi esistenziali. Fobie, ansie, incertezze sono state convogliate in un flusso ininterrotto di immagini sessualmente (ma non solo) esplicite e “deformate” (e per questo più credibili) all’interno di un cinema indipendente per vocazione e per necessità, in cui risulta superfluo e aleatorio il concetto di “bellezza” (comunemente inteso), e incentrato su un crudo realismo, talvolta brutale ed estremo, ma comunque (quasi) sempre sincero. Sono anni, quelli dell’inizio dei seventies, in cui il cinema osa spingersi oltre i limiti del rappresentabile, non solo per mere questioni commerciali, ma soprattutto per interpretare le urgenze di un epoca contraddittoria e affascinante, sognatrice e violenta, emancipata e oppressa, utopista e ipocrita, la cui asimmetricità può essere racchiusa nelle parole che la madre rivolge alla figlia nella scena iniziale di Last House on the Left (L’ultima casa a sinistra, 1972) di Wes Craven: “Tutto questo sangue, questa violenza…e io che pensavo che la vostra fosse la generazione dell’amore!”.

THE PRIVATE AFTERNOONS OF PAMELA MANN (1974)

I racconti proibiti di una signora perbene, ovvero, quando la verità coincide con il desiderio

Nel 1974, Radley Metzger autore fino a quel momento di interessanti soft-core, tra i quali Therese e Isabelle (id., 1968), The Lickerish Quartet (id., 1970) e Score (id., 1972, ma esiste anche una versione con inserti hard), con lo pseudonimo di Henry Paris comincia a firmare film pornografici caratterizzati da una spiccata cifra autoriale. L’uscita di The private afternoons of Pamela Mann, avvicina il cinema hard a quello hollywoodiano ricalcando gli stilemi della “Sofisticated Comedy” anni ’50, e spinge il celebre critico dell’Hollywood Press, Bill Margold, a scrivere: “The Private Afternoons of Pamela Mann segna la fine dei film porno usa e getta, privi di scopo, masturbatori, che entrano in un orifizio ed escono dall’altro” (Hollywood Press, Aprile 1975). Definito come “l’altro lato di Gerard Damiano” il cinema di Metzger/Paris è caratterizzato da un’ironia gustosa ed esplicita (anche nella scene di sesso) in netta contrapposizione con la serietà, la malinconia e la crudezza delle opere dell’ex-parrucchiere newyorkese: non a caso quello di Metzger/Paris è conosciuto come “porno-chic.

Intervista a Brad Stevens (Febbraio 2010)

Brad Stevens biografo ufficiale di Abel Ferrara e autore del volume ABEL FERRARA: THE MORALVISION, edito dalla londinese FAB PRESS

“Abel Ferrara, the beginning until today, has made films, TV movies, Video clips, documentaries and royal drama, TV series … as may be defined as multi-faceted career as an author?

Ferrara belongs to a generation of American filmmakers who have to consider a number of options simply in order to keep working. But Ferrara refuses to divide the work up, to regard this project as more or less importamt than that one: he always tries to treat the material with as much seriousness and commitment as possible. I remember him talking to me about how he didn’t think much of the TV pilot THE LONER, but adding (I’m quoting this from memory) “you try to do something (meaning something good) with all these projects”.

QUESTO IL LIBRO DI BRAD STEVENS http://www.fabpress.com/books/abel-ferrara-paperback.html

QUESTO IL MIO LIBRO SU ABEL FERRARA http://www.soveraedizioni.com/schedalibro/17228/Abel-Ferrara

BLUE COLLAR (TUTA BLU) di Paul Schrader (1978)

Quando il colore del lavoro diventa il colore dell’odio

Il cinema di Paul Schrader è un cinema scisso, in cui il tema della scelta è determinante per indirizzare esistenze di personaggi “limite”, disadattati della vita, ingenui consapevoli, condizionati dagli eventi, vittime di una spiritualità “altra” e opprimente. Tradizionalmente attento alle sfaccettature umane, fallaci e compassionevoli, dei suoi personaggi, Paul Schrader è regista intransigente, diretto e moralmente efferato, capace di precludere (quasi) sempre ogni possibile via di redenzione a uomini e donne che non la meritano. La sintesi del suo cinema cristiano-calvinista è racchiusa in un brano del Vangelo di S. Matteo: la lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra. Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona (Mt. 6,22-25).